Con la denominazione di Statuto dei lavoratori ci si riferisce alla legge n. 300 del 20 maggio 1970, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", che è una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l'ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro in Italia.
Il testo dello Statuto dei lavoratori contiene norme relative a numerose previsioni specifiche, su alcune delle quali si sofferma in modo dettagliato. Si divide in un titolo dedicato al rispetto della dignità del lavoratore, in due titoli dedicati alla libertà ed all'attività sindacali, in un titolo sul collocamento ed in uno sulle disposizioni transitorie.
Lo Statuto sancisce, in primo luogo, la libertà di opinione del lavoratore (art.1), che non può quindi essere oggetto di trattamento differenziato in dipendenza da sue opinioni politiche o religiose e che, per un successivo verso, non può essere indagato per queste nemmeno in fase di selezione per l'assunzione. Questi passi trovano una loro spiegazione di migliore evidenza segnalando che, nel dopoguerra, si verificarono numerosi casi di licenziamento di operai che conducevano attività politica o che, anche indirettamente, si rivelavano militanti di forze politiche o sindacali non gradite alle aziende.
L'attività lavorativa, l'apporto operativo del lavoratore, è poi svincolata da alcune forme di controllo che la norma giudica improprie e che portano lo Statuto a formulare specifici divieti quali, ad esempio:
Diverse sentenze dei pretori del lavoro hanno orientato la giurisprudenza ad un'estensione e classificazione più dettagliati degli impianti aziendali utilizzabili per un controllo a distanza del lavoratore. Fra questi rientrano i navigatori satellitari posti nelle auto aziendali o in dotazione ai cellulari di lavoratori che hanno l'obbligo della reperibilità.
Anche l'installazione nei database di file di log pubblici consente uno strumento di controllo della produttività del lavoratore. Tali sistemi mostrano in un file di testo, oppure in una tabella di più facile interpretazione, ora e data di tutte le operazioni in visualizzazione e aggiornamento compiute da un utente, mostrando il relativo nome. Talora, sono visibili solamente agli informatici che hanno privilegi di amministratore di sistema e comunque possono essere inviati a quanti richiedono un controllo "personalizzato". Possono essere interni ad un database oppure del sistema operativo intero, e registrare quindi qualunque operazione un utente faccia nel proprio terminale.
Anche le visite personali di controllo sul lavoratore (si badi bene che ci si riferisce all'art. 6 dello statuto e non all'art.5 che riguarda invece gli accertamenti sanitari), ovvero le perquisizioni all'uscita del turno (principalmente effettuate per verificare che il lavoratore non si sia appropriato di beni prodotti o di altro materiale di proprietà dell'azienda), sono sottoposte a limitazioni di dettagliata rigorosità.
Al fine di limitare inoltre impropri eccessi del datore di lavoro, eventualmente risultanti in indebite pressioni, sono vietati accertamenti diretti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, delegando agli enti pubblici competenti tali accertamenti (art.5 visita fiscale).
Di particolare interesse, oltre a tutti gli articoli del primo titolo (artt.1-13, riguardanti anche il regime sanzionatorio, gli studenti lavoratori, ecc.) è il regime applicativo dello statuto. Leggendo l'art.35 dello statuto ci rendiamo conto come gli articoli dal 19 al 27 e, l'ormai famoso, art. 18 (oggetto di tante dispute e lotte), si applichino ad aziende con "...sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti..." (ridotti a cinque per le imprese agricole). Questa buona porzione dello statuto del lavoratori riguarda innanzitutto l'attività sindacale e, per l'art.18, l'annoso problema del reintegro nel posto di lavoro.
La disposizione dell'art.36 e quella dell'art.37 (che limita fortemente l'applicazione dell'intero statuto nel campo dell'impiego pubblico), riducono in maniera considerevole il numero di lavoratori che possono usufruire in maniera completa della protezione offerta dallo statuto.
Storicamente l'Italia non è stata sede (e la tendenza è confermata anche al giorno d'oggi) di aziende con un elevato numero di dipendenti; la maggior parte delle aziende italiane rientrano, infatti, nel novero delle "piccole e medie imprese)" alle quali buona parte dello statuto non si applica.
Proprio per queste ultime motivazioni si è sentita l'esigenza negli ultimi anni, sia da destra che da sinistra, di un adeguamento del testo della legge o comunque l'esigenza di una tutela differenziata e approfondita di quelle categorie di lavoratori non rientranti nelle casistiche previste dall'attuale previsione dello Statuto dei lavoratori.
La rivoluzione giuridica causata dallo Statuto nelle materie del lavoro fece risorgere e sviluppare lo studio di questa particolare branca del diritto (di antica dottrina, solo interrotta dalla parentesi fascista in cui si chiamava diritto corporativo) con approfondimenti ora di vasta portata.
Del resto, la nuova funzione della magistratura del lavoro, ricca di peculiarità e di differenziazioni dalle altre materie, richiedeva con sollecitudine la produzione di idoneo supporto interpretativo, e per un certo tempo dottrina e Fori marciarono di pari passo e con giovevole interazione.
Soprattutto negli anni settanta ed ottanta del secolo scorso la classe lavoratrice è riuscita a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle problematiche affrontate dallo Statuto dei lavoratori, così anche la magistratura ha maturato una maggiore attenzione alla tutela dei diritti dei lavoratori. L'area politica contraria all'approvazione dello Statuto, perché lo considerava un "limite" alla libertà degli imprenditori, ha sostenuto che le magistrature del lavoro avessero subito qualche interessata attenzione da parte del PCI e del PSI. Questi partiti si sarebbero adoperati affinché alle magistrature del lavoro fossero destinati magistrati quantomeno non ostili alle inclinazioni di tutela della classe lavoratrice espresse dallo Statuto.
Nel 2003 si è svolto un referendum per estendere le garanzie previste dall'articolo 18 ai lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti. Ha votato solo il 25,50% degli elettori (quindi non è stato raggiunto il quorum), e il sì ha avuto l'86,70% dei voti validi