Suffragette

Numero commemorativo del quotidiano Suffragetta per Emily Wilding Davison, edito da Christabel Pankhurst il 13 giugno 1913.

Con il termine suffragette si indicavano le appartenenti a un movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto per le donne (dalla parola "suffragio" che significa "dichiarazione della propria volontà in procedimenti elettivi o deliberativi; voto"). In seguito la parola "suffragetta" ha finito per indicare, in senso lato, la donna che lotta o si adopera per ottenere il riconoscimento della piena dignità delle donne, coincidendo in parte quindi col termine femminista.

 

Note storiche

 

Olympe de Gouges in un dipinto di Alexandre Kucharski della fine del XVIII secolo.

La rivoluzione francese

Presentò all'Assemblea Rivoluzionaria, all'inizio della rivoluzione francese, nel 1789, il Cahier de Doléances des femmes, una prima richiesta formale di riconoscimento dei diritti delle donne.[1] Negli stessi anni, sempre in Francia, Olympe de Gouges[2] pubblicò Le prince philosophe, romanzo che rivendicava i diritti delle donne, ed iniziò ad organizzare gruppi di donne. La sua azione tuttavia fu interrotta quando iniziò a criticare lo stesso Robespierre, e, nel 1793, venne ghigliottinata.[3]

Gli inizi del movimento, in Inghilterra

Le donne iniziarono anche in Inghilterra la lotta per il cambiamento all'interno della società, sin dall'inizio sostenute dal lavoro di personalità fautrici dei diritti delle donne, come John Stuart Mill. Mill propose l'idea del suffragio femminile in un programma presentato agli elettori britannici nel 1865,[4] e successivamente venne affiancato da numerosi uomini e donne, pronti a lottare per la stessa causa.[5]


Contemporaneamente a quanto avveniva in Francia, quindi, pure in Inghilterra si pubblicarono libri a sostegno della tesi dei diritti per le donne. Mary Wollstonecraft pubblicò, nel 1792, A Vindication of the Right of Women, mentre iniziavano a formarsi i primi circoli femminili. Tuttavia le richieste delle donne non ottennero risposte adeguate, sino a quando con la riforma del 1832 e con la legge comunale Corporations Act, del 1835, alle donne venne concesso il diritto di voto, anche se era limitato alle elezioni locali, mentre per quelle nazionali non era possibile.[6]

Il movimento delle suffragette, come movimento nazionale volto a chiedere il suffragio femminile, vide la luce nel Regno Unito solo nel 1872.

Emmeline Pankhurst viene arrestata dopo aver protestato vicino a Buckingham Palace a Londra il 22 maggio 1907 (o 1914, data incerta).

E' da questa data quindi che fu possibile parlare, a tutti gli effetti, di suffragette, perché solo allora ebbe vita un movimento nazionale per rivendicare il diritto di voto, ancora non riconosciuto, che portò, nel 1897, alla formazione della Società Nazionale per il suffragio femminile (National Union of Women's Suffrage).

La fondatrice, Millicent Fawcett, cercò di convincere anche gli uomini ad aderire al movimento, perché erano i soli, in quel momento storico, che legalmente potessero concedere il diritto di voto, ma ebbe scarso successo. I progressi sul piano del riconoscimento sociale, in quel primo periodo, furono quindi molto limitati, e tale situazione si protrasse sino a circa il 1903.

 

 

Sul piano economico e sociale il notevole e crescente benessere dovuto all'industrializzazione intanto aveva cambiato radicalmente la vita delle donne. I movimenti femminili ripresero nuovo vigore quando Emmeline Pankhurst fondò, nel 1903, l'Unione sociale e politica delle donne (Women's Social and Political Union - WSPU), con il preciso intento di far ottenere alle donne il diritto di voto politico, concesso solo agli uomini tranne che per le elezioni ai consigli municipali e per le elezioni di contea.

Le suffragette attuarono azioni dimostrative, incatenandosi a ringhiere, incendiando le cassette postali, rompendo finestre e così via. Una suffragetta, Emily Davison, morì durante i disordini al Derby di Epsom del 1913, e le venne dedicata una edizione speciale del quotidiano The Suffragette.[7] Molte vennero incarcerate e iniziarono lo sciopero della fame emulando Marion Dunlop, la prima suffragetta ad attuare tale forma di protesta.

Le ultime fasi della lotta, in Inghilterra

Prima donna deputato

La prima donna eletta al parlamento inglese fu Lady Nancy Astor, nata Nancy Whitcher Langhorne, che era originaria della Virginia ed aveva acquisito la cittadinanza inglese sposando nel 1906, dopo aver divorziato dal primo marito Robert Goul Shaw, il ricco II visconte di Astor, Waldorf Astor. Ella fu eletta nel corso di una votazione suppletiva e fu proclamata deputato per il partito conservatore il 1º novembre 1919.

 

Il movimento femminile aveva come scopo il raggiungimento di una parità rispetto agli uomini non solo dal punto di vista politico ma anche giuridico ed economico. Le donne volevano poter insegnare nelle scuole superiori, l'uguaglianza dei diritti civili, svolgere le stesse professioni degli uomini e soprattutto godere del diritto elettorale o di suffragio, termine dal quale deriva appunto il nome con il quale si era soliti indicare le partecipanti al movimento: suffragette.

 

 

Lady Nancy Astor, in un disegno di John Singer Sargent, eseguito nel 1923.

Le aderenti al movimento utilizzavano diffondere la proprie idee attraverso comizi, scritte sui muri o cartelli con slogan del tipo "Votes for woman" o contenenti frasi inneggianti alla promotrice della rivolta. Spesso queste manifestazioni venivano soffocate con la violenza da parte delle forze dell'ordine e con l'arresto di molte militanti femministe.

Durante la prima guerra mondiale, con quasi tutti gli uomini validi mandati al fronte, le donne assunsero molti dei tradizionali ruoli maschili, e questo comportò una nuova considerazione delle capacità della donna. La guerra inoltre causò una spaccatura nel movimento delle suffragette inglesi, con Emmeline e Christabel Pankhurst, ed il loro Women's Social and Political Union, disponibili a sospendere la loro campagna per la durata della guerra, mentre le suffragette più radicali, rappresentata dal Sylvia Pankhurst con il suo Women's Suffrage Federation continuò la lotta.

 

Tuttavia, nonostante le difficoltà e le divisioni, le donne, con le loro organizzazioni, riuscirono ad ottenere ciò per cui lottavano e vinsero così la loro battaglia. Nel 1918 il parlamento britannico approvò la proposta del diritto di voto limitato alle mogli dei capifamiglia con certi requisiti di età (sopra i 30 anni) che furono ammesse al voto politico. Solo più tardi, con la legge del 2 luglio 1928, il suffragio fu esteso a tutte le donne inglesi.

Il movimento negli Stati Uniti e in altri paesi

 

 

Un corteo di suffragette manifesta per il suffragio universale a New York nel 1912

Il movimento delle suffragette si sviluppò in forme simili in vari paesi. Il primo paese a riconoscere il suffragio universale femminile fu la Nuova Zelanda nel 1893.

Negli Stati Uniti, a partire dal 1869, si verificarono movimenti analoghi a quelli inglesi, ma le donne riuscirono a ottenere il suffragio universale solo nel 1920, dopo la fine della prima guerra mondiale. Tra le leader del movimento statunitense deve essere ricordata Alice Paul.

 

 

In Germania le donne ottennero tale diritto nel 1919. In diversi altri paesi la conquista del suffragio universale fu più tortuoso. La Francia, ad esempio, che pure aveva avuto già nella rivoluzione francese una prima presa di coscienza, concesse il diritto solo nel 1945.

La Svizzera riconobbe il diritto di voto alle donne solo nel 1971.

 

La situazione italiana

 

Anna Kuliscioff in una rara immagine del 1907.

 

In Italia il percorso fu in parte rallentato dalla unificazione avvenuta solo nel 1861. Nel 1919 le donne ottennero l'emancipazione giuridica, e pure papa Benedetto XV si pronunciò pubblicamente favorevole al diritto di voto alle donne[8]. Storicamente, ai primi nuclei femminili organizzati di inizio '900, aderirono inizialmente le donne della borghesia, alle quali si affiancarono successivamente cattoliche e socialiste. Tra queste ultime, da ricordare in modo particolare: Giuditta Brambilla, Carlotta Clerici e Anna Kuliscioff[9]. Fu solo il 30 gennaio 1945,quando l'Italia era ancora in guerra, che il Consiglio dei Ministri dell’Italia Libera presieduto da Bonomi approvò il decreto legge De Gasperi-Togliatti

[10], che prevedeva il diritto di voto esteso a tutti gli italiani che avessero 21 anni compiuti.[11] Le donne votarono, per la prima volta, il 2 giugno 1946, per l'elezione dell’Assemblea costituente. Il principio, stabilito dal decreto legge del 1945 e firmato dal Luogotenente generale del Regno Umberto di Savoia, venne ripreso in seguito dalla Carta costituzionale italiana, entrata in vigore nel 1948 dopo la conclusione della seconda guerra mondiale.