L’emancipazione femminile

 

L’emancipazione femminile si è sviluppata alla fine del IXX sec. e nei primi decenni del XX sec. in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America, dove le donne rivendicano il diritto al voto e parità di trattamento con gli uomini nelle varie mansioni da esser svolte soprattutto nei lavori manuali e nelle fabbriche. La vera emancipazione femminile nel mondo occidentale è iniziata dopo la seconda guerra mondiale per l’affermarsi nel 1946, le donne parteciparono alle elezioni per l’assemblea Costituente e nel 1948 alle prime libere elezioni politiche. La diffusione dei mezzi d’informazione come la radio, i giornali, i libri e soprattutto la TV, favorirono la nascita dell’opinione pubblica in favore dell’emancipazione femminile, sostenuta anche dalla notevole scolarizzazione delle donne. Così gradualmente le donne, infatti, diventano parlamentari o hanno ricoperto importanti incarichi nell’amministrazione dello stato nella carriera giudiziaria e nel mondo della scuola. Poiché la società si è evoluta rapidamente, il ruolo tradizionale della donna nella famiglia è stato modificato, poiché ha aspirato ad inserirsi attivamente nella vita economica e produttiva del proprio stato. Una svolta importante nel processo d’emancipazione femminile è stato nel 1968, quando nella contestazione generalmente dei valori tradizionali della società della famiglia, le donne hanno rivendicato il diritto ad una reale uguaglianza con gli uomini. In numerosi stati occidentali sono state varate le condizioni paritarie fra uomini e donne, sancendo uguali diritti e uguali doveri e la stessa dignità nella famiglia e nell’ambiente di lavoro tuttavia esistono ancora oggi nel mondo occidentale esistono discriminazioni verso le donne, poiché esse difficilmente svolgono ruoli d’altissimo prestigio o di grande responsabilità nella gestione degli stati o alla guida d’imperi economici. Anche l’ammissione delle donne insieme alle forze armate rappresenta un passo significativo verso la vera parità fra i sessi. Bisogna superare antichi pregiudizi e luoghi comuni che relegano la donna a ruoli subalterni per una pretesa inferriata fisica ed intellettuale. Tuttavia nel mondo la condizione della donna non è omogenea. Anni in molti paesi guidati da regimi totalitari o integralisti, il ruolo della donna è di totale sudditanza all’uomo. In molti paesi islamici la donna e velata, non può uscire e svolgere alcun lavoro al di fuori della casa e dipende economicamente dal marito e cronaca di questi mesi per la guerra in Afganistan, l’avvilente stato delle donne in quel paese retto dai talebani. La donna non può istruirsi, mostrarsi e curare la sua persona, poiché sono prodotti cosmetici e voluttuari. In alcune regioni africane la donna viene venduta o sottoposta a mortificanti mutilazioni. Dunque esiste una grande differenza fra la condizione della donna da oriente ad occidente.

 

 

 

La condizione della donna e' sempre stata caratterizzata da una situazione di inferiorità sia su piano sociale che giuridico e politico Questa discriminazione a danno della donna. viene giustificata per lo più da una sua pretesa inferiorità fisica.
Durante la metà dei XIX secolo cominciano a concrefizzarsi le prime vere conquiste sociali Il cod ce, del 1865 sancìsce l'alienebilità della dote, la reciprocità degli obblighi economici dei coniugi e la corresoonsabìlítà nei confronti de.- figli ottiene l'accessibilità agli studi superiori, in Italia la prima donna si è laureata nel 1877. Negli Stati Unítí una legge del 1840 dava alla donna sposata la piena disponibilità dei suo: guadagní e dei suo: beni In Italia una legge uguale venne promulgata solo nel 91 g.
Da questo momento i movimento dì emancipazione della donna si fa più agguerrito anche in Italia, e, di conseguenza il: processo ci equiparazione si fa più celere. Nel 1956 viene ammessa nelle corti d'assise e, nei tribunali dei minorenni, come giudice popolare; nel 1980 ottiene il libero accesso, a tutte le cariche pubbliche, tranne, quelle militari e diplomatiche la piena parità giuridica ne' lavoro viene ottenuta nel 1962, tuttavia nell'ambito familiare è ancora vigente la discriminazione dei "diritto di famiglia". Solo nel1977 una riforma generale ha finalmente abolito ogni discriminazione mentre risale al 1979 la prima nomina ad ambasciatore e alla presidenza della Camera dei Deputati.
Più tempo passa e più vediamo la donna prendere possesso di posti dì comando che una volta non si sarebbe mai sognato di poter avere. La donna schiava e sottomessa all'uomo non esiste più. Essa ha preso e prende sempre più coscienza di sé e delle sue rifiuta una vita che fino a qualche anno fa accettava con naturalezza.La figura della casalinga come "nostra madre" o "nostra nonna", che tutto dedicava alla famiglia, che viveva per la famiglia va scomparendo, il suo posto viene preso da una donna nuova che ha innumerevoli interessi oltre quelli domestici.
Oggi la donna ha propri contatti sociali che le danno più consapevolezza delle sue forze dei suo valore.Il sociologo americano Robert Monson ha posta in evidenza come nella nostra epoca, la crisi della famiglia, la sconvolgente evoluzione della società, il progresso tecnico e lo spirito scientifico che dominano il nostro tempo, hanno spostato l'educazione della famiglia alla scuola, facendole assumere maggiore importanza a detrimento del prestigio della famiglia. In effetti la famiglia può assolvere benissimo compito di istruzione e di educazione in una società statica, ma non è più in grado dì assolvere il proprio compito in una società che cambia rapidamente. Ma questo processo dì emancipazione della donna e proprio indipendenza? Le apparenze ingannano! Oggi la donna e schiava del "doppio lavoro", quello casalingo e quello che presta fuori. Allora che cose bisognerà fare per renderle giustizia? A mio avviso bisognerebbe prolungare la permanenza dei bambini a scuola ed estendere il ruolo dì questa; bisognerebbe creare una rete di ristoranti economici per sgravarla almeno del lavoro della cucina, occorrerebbe affidare la pulizia degli alloggi a squadre formate appositamente ,creare impianti di lavaggio collettivi

 

 

 

L’emancipazione femminile si è sviluppata alla fine del IXX sec. e nei primi decenni del XX sec. in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America, dove le donne rivendicano il diritto al voto e parità di trattamento con gli uomini nelle varie mansioni da esser svolte soprattutto nei lavori manuali e nelle fabbriche. La vera emancipazione femminile nel mondo occidentale è iniziata dopo la seconda guerra mondiale per l’affermarsi nel 1946, le donne parteciparono alle elezioni per l’assemblea Costituente e nel 1948 alle prime libere elezioni politiche. La diffusione dei mezzi d’informazione come la radio, i giornali, i libri e soprattutto la TV, favorirono la nascita dell’opinione pubblica in favore dell’emancipazione femminile, sostenuta anche dalla notevole scolarizzazione delle donne. Così gradualmente le donne, infatti, diventano parlamentari o hanno ricoperto importanti incarichi nell’amministrazione dello stato nella carriera giudiziaria e nel mondo della scuola. Poiché la società si è evoluta rapidamente, il ruolo tradizionale della donna nella famiglia è stato modificato, poiché ha aspirato ad inserirsi attivamente nella vita economica e produttiva del proprio stato. Una svolta importante nel processo d’emancipazione femminile è stato nel 1968, quando nella contestazione generalmente dei valori tradizionali della società della famiglia, le donne hanno rivendicato il diritto ad una reale uguaglianza con gli uomini. In numerosi stati occidentali sono state varate le condizioni paritarie fra uomini e donne, sancendo uguali diritti e uguali doveri e la stessa dignità nella famiglia e nell’ambiente di lavoro tuttavia esistono ancora oggi nel mondo occidentale esistono discriminazioni verso le donne, poiché esse difficilmente svolgono ruoli d’altissimo prestigio o di grande responsabilità nella gestione degli stati o alla guida d’imperi economici. Anche l’ammissione delle donne insieme alle forze armate rappresenta un passo significativo verso la vera parità fra i sessi. Bisogna superare antichi pregiudizi e luoghi comuni che relegano la donna a ruoli subalterni per una pretesa inferriata fisica ed intellettuale. Tuttavia nel mondo la condizione della donna non è omogenea. Anni in molti paesi guidati da regimi totalitari o integralisti, il ruolo della donna è di totale sudditanza all’uomo. In molti paesi islamici la donna e velata, non può uscire e svolgere alcun lavoro al di fuori della casa e dipende economicamente dal marito e cronaca di questi mesi per la guerra in Afganistan, l’avvilente stato delle donne in quel paese retto dai talebani. La donna non può istruirsi, mostrarsi e curare la sua persona, poiché sono prodotti cosmetici e voluttuari. In alcune regioni africane la donna viene venduta o sottoposta a mortificanti mutilazioni. Dunque esiste una grande differenza fra la condizione della donna da oriente ad occidente.

 

 

Emancipazione femminile

In passato la donna era un accessorio del capofamiglia (padre o marito).
Nel Codice di Famiglia del 1865, le donne non avevano il diritto di esercitare la tutela sui figli legittimi, non potevano essere ammesse ai pubblici uffici e non gestivano i propri guadagni, perché questo spettava al marito.
Nei primi anni del Novecento c’è una donna che lavora per le donne: Anna Kuliscioff, d’origine russa. Nel 1888 ha fondato la prima lega femminista milanese e nel 1892, con la nascita a Genova del Partito dei Lavoratori, assumerà un ruolo determinante per il movimento delle donne.
Una semplice ragazza che vive nella palude pontina nel 1902 preferisce morire che subire la violenza di un uomo. Si chiama Maria Goretti. Proclamata Santa il 24 giugno 1950 da Papa Pio XII.
La donna urbanizzata dalla spinta industriale si sveglia alle sette. Se ha una casa in città è una donna molto fortunata. Trovarne una, nel triangolo industriale, era molto raro. Chi ha una casa e dei figli è una donna privilegiata. Secondo una statistica del 1911, ci si sposa più tardi perché avere dei figli vuol dire rinunciare a guadagnare in un’età in cui il lavoro femminile è molto richiesto. La donna può lavorare undici ore al giorno, sei giorni su sette, con una media di sessantacinque ore settimanali e guadagnare 1000 lire l’anno. Nei primi anni del secolo, la costa ligure si trasforma in un’avanguardia industriale. Durante la prima guerra mondiale, con gli uomini al fronte, la manodopera femminile aumenterà a dismisura.
Oggi, la pari opportunità sul luogo di lavoro rimane ancora un sogno per le donne italiane, che sono le più discriminate nel mondo.
La nostra nazione si colloca al quarantacinquesimo posto della classifica generale, all’ultimo posto tra i paesi più industrializzati, ed è superata anche da paesi come Zimbabwe e Thailandia. Il divario con i paesi scandinavi, primi in classifica, è abissale. Tra i paesi europei, peggio di noi, c’è solo la Grecia.
L’Italia si colloca al quarantottesimo posto per presenze femminili al potere e quarantunesimo per accesso all’educazione. L’unico punto di forza rimane la tutela della salute e della maternità: in questo caso, l’Italia si colloca all’undicesimo posto.
Spesso le donne in posizioni imprenditoriali devono fare una difficile scelta tra famiglia e carriera. Negli USA, ad esempio, il 49% delle donne con posizioni ai vertici non ha figli, contro il 19% dei loro colleghi maschi.
Le donne, tuttavia, sono quelle che tendono ad ottenere i migliori risultati nei percorsi di formazione, ma poi sono penalizzate e discriminate dal mercato.
Il mercato per le donne prevede quei lavori a tempo parziale che erroneamente sono considerati più adatti a quei soggetti che per natura svolgono un doppio ruolo, quello pubblico e quello privato.
Nella ricchissima Svizzera, le donne percepiscono uno stipendio inferiore del 30% rispetto a quello dei colleghi maschi.
La situazione e il ruolo della donna nel mondo del lavoro, nonostante le conquiste ottenute dai movimenti femministi del passato, in realtà rivelano tuttora un’oppressione, una segregazione, una discriminazione di genere ben radicata; contro questo stato di cose bisogna iniziare a lottare, sviscerando le contraddizioni del sistema capitalista e patriarcale, solidale a livello globale, e quelle delle donne che sorreggono tali sistemi attraverso la pratica della delega o con una più esplicita complicità.
In alcune zone dell’Africa, per esempio, si praticano forme di repressione sessuale che arrivano fino alla mutilazione dei genitali. Nei paesi arabi la fede musulmana consente che si perpetuino la poligamia maschile, forme di discriminazione sessuale verso la donna e l’assenza d’ogni autonomia giuridica. La povertà poi favorisce altre forme di soggezione della donna, che vanno dalla prostituzione all’emigrazione nei paesi ricchi come forza-lavoro. Lo sviluppo economico-sociale e il confronto fra le diverse culture sono sicuramente la strada da percorrere per il superamento della discriminazione fra i sessi; il problema non è più rinviabile, perché la crescente immigrazione in Europa pone a diretto contatto mentalità e tradizioni diverse.