Tumore
Quando le normali cellule sono danneggiate, esse vengono
eliminate mediante apoptosi. Le cellule cancerogene
evitano l'apoptosi e continuano a riprodursi in
maniera irregolare.
Il tumore (dal latino tumor,
rigonfiamento) o in senso generale neoplasia (dal greco
neo, nuovo, e plasìa, formazione) si
presenta sia in forma benigna che in quella maligna (assumendo in questo
secondo caso il nome di cancro), è una intera classe di malattie
caratterizzate da una incontrollata riproduzione
di alcune cellule dell'organismo, che smettono di
rispondere ai meccanismi fisiologici di controllo cellulare a seguito di danni
al loro patrimonio genetico.
Descrizione
Affinché una cellula diventi tumorale, deve accumulare una serie di danni al
suo sistema di controllo della riproduzione. Tutte le cellule cancerose e precancerose
presentano alterazioni, spesso molto estese, del loro assetto cromosomico (cariotipo):
il numero di cromosomi
presenti nel loro nucleo può essere alterato e i cromosomi stessi sono
danneggiati, multipli o mancanti (aneuploidia
): questa
osservazione, fatta all'inizio del XX secolo
da David
von Hansemann e Theodor
Boveri, fu la base della teoria dei tumori come
"malattie cromosomiche" accettata in medicina fino alla scoperta
della struttura del DNA
a metà del secolo scorso e del meccanismo delle mutazioni genetiche.
L'alterazione cromosomica delle cellule tumorali è talmente estesa da
fornire la prova che in ogni caso di tumore tutte le cellule cancerose
discendano da una unica cellula madre mutata (popolazione cellulare clonale):
tutte infatti condividono la stessa esatta forma di danno genetico, tanto
complessa da rendere altamente improbabile l'eventualità di due cellule madri
diverse che hanno subito per caso la stessa serie di mutazioni.
Alla base della patogenesi del tumore c'è la mutazione di
determinati geni:
Questi ultimi sono quelli che garantiscono la stabilità genetica perché se
altri geni sono mutati per azione per esempio di agenti cancerogeni, questi riparano il DNA prima
che vada incontro alla replicazione, prima cioè che queste mutazioni diventino
stabili. Il casuale disordine genetico che caratterizza le cellule tumorali
spiega l'estrema variabilità per aspetto, effetti, sintomi e prognosi delle
molte forme di cancro note. Il grado di aneuploidia, cioè il numero e l'entità dei difetti
cromosomici, viene impiegato nelle biopsie come
misura del potenziale canceroso di eventuali cellule anomale riscontrate.
Il cancro può colpire persone di ogni età, ma le persone anziane sono
colpite con maggiore frequenza, perché i danni genetici tendono ad accumularsi
con il tempo. Nei paesi sviluppati il cancro è una delle prime cause di
morte. Le mutazioni necessarie che una data cellula deve accumulare per dare
origine a un cancro sono i seguenti, e sono comuni a tutti i tipi di cancro:
- acquisizione
dell'autonomia moltiplicativa per sopravvenuta incapacità a sottostare ai
meccanismi regolatori della proliferazione cellulare;
- assenza di inibizione
dipendente dalla densità (le cellule normali si moltiplicano fino a una
definita densità cellulare, raggiunta la quale diventano quiescenti);
- ridotta capacità di
adesione con altre cellule o componenti tissutali;
- assenza di matrice
extracellulare (spesso digerita da proteasi) che favorisce l'invasione di tessuti normali adiacenti;
- angiogenesi:
formazione di nuovi vasi sanguigni per fornire ossigeno e fattori
nutritivi alle cellule tumorali;
- riduzione o perdita della
capacità differenziativa;
- acquisizione della
capacità di replicazione
illimitata per effetto dell'espressione della telomerasi;
- riduzione o perdita della
possibilità di andare incontro a morte cellulare programmata (apoptosi
).
- perdita della cosiddetta inibizione da
contatto.
Oltre a queste possono verificarsi (e di solito si
verificano) anche altre mutazioni, dipendenti dal particolare tipo di cellula
originaria e dalla esatta sequenza dei danni genetici.
I tumori, nonostante il meccanismo generale di origine
sia unico, possono manifestare una gamma molto vasta di evoluzioni e
sintomatologie. In tutti però è costante un aumento del numero di cellule
cancerose, dovuto alla maggiore velocità di riproduzione cellulare, per cui un
maggior numero di cellule tumorali si moltiplica ed un minor numero di esse
muore, mentre quelle che sopravvivono continuano a moltiplicarsi. Di solito la
crescita di un tumore segue una legge geometrica: è molto lenta all'inizio, ma
accelera all'aumentare della massa del tumore. La dimensione critica di un
tumore è di circa 1 centimetro cubico: raggiunta tale dimensione il tumore
inizia a crescere molto velocemente e a dare luogo ai primi sintomi, e diventa
rilevabile con visite mediche e analisi (marker
tumorali presenti nel sangue); spesso però i sintomi iniziali vengono ignorati
o sottovalutati.
Carcinoma squamoso della laringe (ben differenziato).
La neoplasia può avere origine benigna o maligna a
seconda delle caratteristiche delle cellule neoplastiche. In particolare si
chiama cancro quando ha caratteristiche infiltranti (cioè si infiltra negli
organi adiacenti), aspetto morfologico molto dissimile dalla cellula di base e
presenta la caratteristica di recidivare molto spesso dopo resezione
chirurgica. Si definisce invece tumore quando ha caratteristiche non
infiltranti ma espansive (provoca quindi dolore da compressione), aspetto
morfologico non molto dissimile dalla cellula di base e presenta un basso tasso
di recidiva dopo asportazione chirurgica.
Il termine tumore, che letteralmente significa tumefazione, è stato
coniato sulla base dell'aspetto macroscopico della maggior parte dei tumori che
si presentano molto frequentemente, ma non sempre, con una massa rilevante sul
sito anatomico di origine. Il termine neoplasia, che letteralmente
significa nuova formazione, è sinonimo del precedente ma prende in
considerazione, più che l'aspetto esteriore della massa, il contenuto cellulare
della stessa che è costituito da cellule di "nuova formazione".
Infine il termine cancro (granchio) è stato coniato sulla
base dell'osservazione che le cellule neoplastiche nel corso della loro
moltiplicazione formano propaggini che avvinghiano le cellule normali vicine e
le distruggono, così come il crostaceo fa con le sue chele nei riguardi della preda.
La branca della medicina che si occupa di studiare i tumori sotto l'aspetto eziopatogenetico, diagnostico e terapeutico è definita oncologia.
Il problema principale nella terapia dei tumori è che il
sistema immunitario del paziente non distingue le cellule tumorali da quelle
sane, e quindi non reagisce alla loro presenza, o nei casi in cui reagisce non
lo fa con sufficiente energia. Inoltre poiché strutturalmente le cellule
tumorali sono ancora, di massima, cellule umane, anche gli antibiotici e gli
antivirali non hanno alcun effetto su di esse: non solo, ma qualunque farmaco
studiato per agire contro cellule tumorali deve essere testato con estrema
attenzione per verificare che non agisca anche sulle cellule normali
dell'organismo. La grande velocità di riproduzione delle cellule cancerose le
rende però molto più vulnerabili alle radiazioni rispetto ai tessuti sani: questa
debolezza viene sfruttata per curare molti tipi di tumore solido con la radioterapia (bombardamento con raggi
gamma) nel tentativo di uccidere più cellule maligne possibili.
La chemioterapia invece sfrutta la sensibilità
specifica dei singoli tumori a determinate sostanze, e per ogni paziente viene
studiata una miscela personalizzata di più farmaci. Quasi sempre in questo
"cocktail su misura" sono presenti uno o più inibitori della mitosi,
come il tassolo e suoi
derivati, per ostacolare la proliferazione cellulare: sono questi i
responsabili della alopecia (perdita dei capelli e dei peli)
che affligge i pazienti sottoposti a chemioterapia.
L'efficacia delle terapie tradizionali risulta potenziata
da applicazioni di ipertermia oncologica, una terapia
riconosciuta dal sistema sanitario nazionale italiano (codificata nel
prontuario terapeutico con il codice 9985.2 ), inserita nei livelli minimi
assistenziali ma ancora poco presente nelle strutture ospedaliere italiane.
La terapia del cancro
ha, come obiettivo ideale, l'eliminazione dall'organismo di tutte le cellule
tumorali. Quando questo obiettivo viene raggiunto, si ottiene la guarigione
completa. Nonostante un grande sforzo di ricerca, tale obiettivo non viene
raggiunto in molti casi; il ruolo delle cure mediche resta comunque importante
anche nei casi in cui la guarigione completa non venga raggiunta, perfino nei casi
in cui le cure consistono nella sola terapia palliativa, il cui importantissimo
obiettivo è il sollievo di sintomi, in particolare del dolore, ed il
miglioramento della qualità della vita del malato.
In generale, la terapia
del cancro - per quanto riguarda l'obiettivo di guarire l'organismo malato, di
ridurre l'estensione della malattia ottenendo una regressione parziale, o di rallentarne la progressione - si basa sull'applicazione di
una serie di tecniche diverse integrate fra di loro, con protocolli specifici
per lo specifico tipo di cancro e per le caratteristiche del paziente, ferma
restando la libertà di scelta del paziente fra i diversi approcci possibili e
il suo consenso informato al protocollo proposto.
Poiché il cancro
colpisce più frequentemente la popolazione anziana, in molti casi la
regressione parziale o anche il semplice rallentamento della progressione
equivale, in sostanza, alla guarigione completa, in quanto libera il malato dai
sintomi di malattia per tutto il suo periodo di vita residua.
Le tecniche utilizzate
sono:
I tumori si
suddividono in:
La natura
dei tumori e la loro estensione nell'organismo (stadiazione) viene diagnosticata
preliminarmente con l'esame clinico, integrato dai dati di laboratorio e dalle
tecniche di diagnostica per immagini (ecografia, esami radiologici tradizionali o
computerizzati (TAC), scintigrafia con radioisotopi, imaging a risonanza magnetica, PET); la conferma diagnostica della natura,
del grado di malignità (grading) e dell'estensione
dei tumori (staging) spetta ancora all'anatomia patologica ed in particolare
all'esame istologico dei tessuti, sempre più spesso integrato da tecniche di
smascheramento di antigeni (ad esempio, mediante le colorazioni immunoistochimiche)
o di tecniche di biologia molecolare per lo studio degli
acidi nucleici (genomica) o delle proteine (proteomica).
Inoltre esiste una classificazione internazionale per
descrivere il tumore, la TNM.
L'infiltrazione delle
cellule neoplastiche non si arresta di fronte alla parete dei vasi linfatici,
dei capillari e delle venule che possono essere invase, con la
conseguenza che le cellule tumorali raggiungono i linfonodi o il circolo saguigno
dando inizio a quel processo noto con il termine di metastatizzazione.
Un'altra caratteristica dei tumori maligni è la "recidiva", cioè il rischio di
riformazione del tumore nel sito di origine dopo l'asportazione chirurgica.
I tumori maligni,
infine, se non rimossi per tempo danno luogo alla cachessia, cioè ad un progressivo e rapido
decadimento dell'organismo, che va incontro ad una notevole perdita di peso ed
a fenomeni di apatia e astenia.
Nonostante che i termini nomenclatura e classificazione vengano usualmente
considerati sinonimi, si tratta di concetti molto differenti. La nomenclatura
dei tumori consiste nell'assegnazione di un nome alle singole entità tumorali;
la classificazione significa invece la loro suddivisione in classi, in genere
ad organizzazione gerarchica, in base a criteri di varia natura (assi di
classificazione).
La nomenclatura dei tumori si
fonda generalmente sulla morfologia microscopica (con una nomenclatura indicata
da organizzazioni internazionali come il WHO, intimamente collegata all'istogenesi
(tessuto di derivazione) e al comportamento biologico (benignità o malignità)
delle neoplasie ; applicato correttamente la nomenclatura, è possibile
applicare un sistema di codifica. Un esempio di sistema di codifica delle
malattie, tumori compresi, è lo SNOMED.
Esempi di classificazione sono, invece, la
classificazione per organo di insorgenza e la classificazione per estensione
della malattia; l'estensione della maggior parte dei tumori maligni
nell'organismo (lo stadio) viene classificata, in genere,
attraverso il metodo TNM proposto e tenuto aggiornato dalla UICC.
Di seguito alcuni esempi di tumori:
Le neoplasie sono
delle patologie in costante crescita negli ultimi anni, anche in seguito
all'allungamento della vita media globale degli individui. Sono infatti
patologie per la maggior parte incidenti in età avanzata (basti pensare al tumore del colon-retto, i cui picchi di incidenza
si hanno verso i 65 anni). Per questo costituiscono motivo di discussione e
ricerca in ambiente geriatrico, specialmente in considerazione del fatto che
l'aspettativa di vita, anche nelle fasce d'età più avanzate, è sempre superiore
a quella concessa mediamente dall'evoluzione naturale del tumore.
Tumori e fattori di rischio in paesi sviluppati
Tumori e fattori di rischio in paesi sviluppati
La cirrosi epatica è una malattia del fegato, caratterizzata dalla presenza a
livello epatico di necrosi, fibrosi e noduli di rigenerazione.
Lo stimolo infiammatorio di lunga durata a carico del
fegato porta le cellule infiammatorie, le cellule di Kuppfer
(ovvero i macrofagi residenti a livello epatico) e le piastrine a produrre
particolari citochine (IL2, IL6, TNF alfa, PDGF, TGF
beta) che a loro volta determinano la trasformazione della cellule di Ito (le cellule lipofile presenti
a livello epatico che normalmente hanno lo scopo di accumulare lipidi e
vitamina A) in miofibroblasti, ovvero cellule
contrattili (grazie all'actina) che producono collagene di tipo I e III, fibronectina e proteoglicani.
Tali prodotti si depositano inizialmente solo a livello dello spazio di Disse
(tra epatociti e sinusoidi), rendendosi in tal modo responsabili della
"capillarizzazione" dei sinusoidi epatici, e poi a ponte fra gli
spazi porto portali e porto cavali, formando i noduli di rigenerazione.
In passato, non conoscendo ancora l'importanza dei virus
dell'epatite B e C, si pensava che la causa più comune fosse l'alcolismo cronico (cirrosi alcolica). Ora sappiamo che
l'alcolismo può portare alla cirrosi alcolica, ma ancora più frequentemente è
una concausa aggravante di preesistenti (spesso non conosciute) epatiti virali
croniche B o C. Infatti l'abuso di alcol è capace di dimezzare il tempo di
insorgenza della cirrosi in un paziente già affetto da epatite virale cronica
(da circa 20-30 anni a 10-15 anni). In particolare per quanto riguarda l'alcol,
si considera potenzialmente dannosa un'assunzione di più di 50 g di alcol al
giorno per più anni. L'introito di alcol si misura in grammi considerando che
una birra (da 33 cl), un bicchiere di vino o un bicchierino di superalcolico
hanno all'incirca lo stesso contenuto di alcool (10 g).
Cause
principali sono in Italia (90% circa):
Meno frequenti invece:
Parte delle cirrosi restano
tuttavia ad eziologia ignota, c.d. cirrosi criptogenetica. Per queste ultime,
le ipotesi attualmente prese in considerazione riguardano la possibilità che la
cirrosi sia il quadro terminale di disordini metabolici di lunga durata, quali ipercolesterolemia
e intolleranza glucidica, che rientrano nel
quadro della sindrome metabolica. Infatti in questi
disordini si riscontra spesso un quadro istologico di steatosi non alcolica
(abbreviata in NAFLD, da Non-Alcoholic Fatty Liver Disease),
dal quale si può passare alla steatoepatite non
alcolica (abbreviata in NASH, da Non-Alcoholic
SteatoHepatitis), ed eventualmente alla cirrosi.
Durante lo stadio
iniziale della malattia, la cirrosi è asintomatica, si parla infatti di cirrosi
compensata. È possibile che passino diversi anni senza accorgersi dei danni
che il fegato sta subendo. Ciò è dovuto al fatto che la pressione sanguigna
della vena porta non è ancora eccessivamente alta
e al fatto che esista ancora un buon numero di epatociti capaci di svolgere le loro
funzioni in modo adeguato. Se durante questo periodo non viene iniziata alcuna
terapia e non viene eliminata la causa della malattia, la pressione della vena
porta continua ad aumentare e sempre un minor numero di epatociti potrà
sopperire a quelli inizialmente già distrutti. I primi sintomi avvertibili dopo
una continua degenerazione epatica sono: perdita di appetito, di peso e di
massa muscolare. Negli stadi avanzati della malattia, durante la cosiddetta cirrosi
scompensata, compaiono ittero, aumento di volume dell'addome (ascite), edemi agli arti inferiori, prurito, piastrinopenia
con alterazioni della coagulazione e facili sanguinamenti
(ecchimosi e petecchie).
Possibili sono anche problemi alla cute (eritemi palmari, angiomi) spider naevi,
ginecomastia nell'uomo, rarefazione dei
peli.
La diminuzione della funzionalità del fegato e
l'alterazione della sua architettura comportano complicazioni quali:
- (ascite), accumulo di liquido a livello
della cavità peritoneale, ovvero nell'addome;
- peritonite batterica spontanea, ovvero infezione
del liquido ascitico, la diagnosi si fa attraverso la conta del numero dei
neutrofili nel liquido ascitico e la coltura cellulare del liquido;
- formazione di circoli venosi collaterali. Questi
possono essere superficiali, ed essere visibili sull'addome ( viene
chiamata caput medusae l'insieme delle varici
venose che partono a raggiera dall'ombelico), oppure nella maggior parte
dei casi, riguardare le vene alla giunzione tra esofago e stomaco, vene che sono rami
rispettivamente della vena cava superiore, attraverso la venza azigos, e della vena porta e che si
anastomizzano (uniscono) tra di loro. La presenza di queste anastomosi
permette di by-passare l'ostacolo dato dalla cirrosi nella circolazione
portale intraepatica, il quale è dovuto alle
modificazioni tissutali e vascolari dell'architettura epatica. Così si
formano le varici a livello della sottomucosa esofagea. La rottura di
queste ultime varici può provocare un' emorragia, evento temuto e
pericoloso per la vita del soggetto, che può essere prevenuto attraverso
la terapia farmacologica (ß bloccanti) e il periodico controllo per via
endoscopica (gastroscopia) delle dimensioni e del colore delle varici
esofagee;
- encefalopatia epatica, si manifesta con
confusione mentale e sonnolenza, negli ultimi stadi può condurre fino al
coma;
- sindrome epatorenale,
caratterizzata da un più o meno rapido deterioramento della funzione
renale;
- epatocarcinoma, frequente causa di
morte nei soggetti cirrotici, per la diagnosi in fase precoce di questo
tumore i pazienti cirrotici vengono sottoposti a controlli periodici
tramite ecografia , TC (tomografia
computerizzata) , RM (risonanza magnetica) ed altri test sierici (dosaggio dell'AFP=alfa feto
proteina).
Queste
complicanze fanno definire la cirrosi in fase di scompenso.
Nelle
fasi iniziali della malattia, la terapia si basa sull'allontanamento dei
fattori di rischio e degli agenti eziologici (astensione dall'alcool, terapia
anti-virale per i virus B e C) e in una dieta equilibrata che aiuti la
rigenerazione del fegato; occorre anche una terapia farmacologica che riduca il
rischio di complicanze. Nel caso, ad esempio, di varici secondarie ad ipertensione portale saranno utilizzati
farmaci beta-bloccanti, al fine di ridurre la pressione arteriosa splancnica e
conseguentemente anche la pressione delle vene della circolazione intestinale e
confluenti nella vena porta.
Le complicanze della
cirrosi epatica sono trattate con terapie specifiche, farmacologiche e non.
Il paziente affetto da
cirrosi epatica scompensata, quando è limitato nella autosufficienza, può
essere trattato a domicilio con l'assistenza domiciliare epatologica.
La
prognosi della cirrosi è differente in base al fatto che la cirrosi sia in uno
stadio scompensato (ovvero in presenza di ascite, encefalopatia portosistemica, emorragia digestiva dovuta a ipertensione
portale, peritonite batterica spontanea, sindrome epatorenale,
epatocarcinoma), oppure in uno stadio compensato (in assenza delle sopracitate
complicanze). Esiste poi un indice prognostico, ovvero il punteggio di Child Pugh, che comprende tre diverse classi A (5,
6 punti), B (7, 8, 9 punti), C (10, 11, 12, 13, 14, 15 punti) a ciascuna delle
quali è associata una prognosi più o meno favorevole. I punti per ciascun
parametro sono calcolabili facendo la somma dei singoli punteggi associati ai
valori o al grado di ognuno dei parametri presi in considerazione.
PARAMETRO
|
1
punto
|
2
punti
|
3
punti
|
Bilirubina (totale)
|
< 2,0
|
2,0 - 3,0
|
> 3,0 mg/dl
|
Albumina sierica
|
> 3,5
|
2,8 - 3,5
|
< 2,8 g/dl
|
Tempo di protrombina (I.N.R.)
|
< 1,7
|
1,7- 2,3
|
> 2,3
|
Ascite
|
assente
|
scarsa
|
moderata
|
Encefalopatia epatica
|
assente
|
Stadio I - II
|
Stadio III - IV
|
La somma dei punti associati ai valori o al grado di
ognuno dei singoli parametri, presi in considerazione dal punteggio di Child Pugh, può essere dunque
compresa tra 5 e 15 e appartenere a una delle tre diverse classi: A (5, 6), B
(7, 8, 9), C (10/15). La
classe A ha la prognosi più favorevole.