ALFABETO ARABO
Dario Giansanti
L'arabo appartiene al ramo semitico della grande famiglia afro-asiatica.
Originariamente idioma delle tribù beduine del deserto arabo, venne diffusa tra
il VII e il XII secolo, sull'onda delle grandi conquiste islamiche, in tutto il
nord Africa, dove venne ad affiancarsi ai dialetti berberi, e in un'ampia
fascia che copre tutto il Medio Oriente fino ai confini della Persia. Oggi è la
lingua ufficiale di tutti i ventun paesi che aderiscono alla Lega Araba:
Kuwayt, Baḥrayn, Qatar, Emirati Arabi Uniti, ´Oman, Yemen, Arabia
Saudita, ´Irāq, Siria, Giordania, Libano, Egitto, Sudan, Gibuti, Somalia,
Libia, Tunisia, Marocco, Mauritania, essendo il ventunesimo membro
La letteratura araba è immensa e ricchissima. Tale letteratura prende l'avvio con le Mu´allaqāt, splendide poesie di argomento lirico, erotico o guerresco, scritte nel VI secolo da un gruppo di poeti nell'ambiente dei beduini nomadi, tra cui spiccano ´Antar e Imru `l-Qays [VEDI]. A queste opere segue strettamente la compilazione del Qur`ān, parola divina trasmessa dall'arcangelo Gabriele al Profeta Muḥammad, con la quale si apre l'immenso capitolo dell'Islām. La perfezione formale, la bellezza e l'alta poesia del Libro Sacro sono tuttora considerate indicazioni, se non prove, dell'origine sovraumana della Rivelazione. Sia come sia, il Qur`ān rappresenta un inizio sfolgorante di quella che, nei secoli successivi, si rileverà come una delle più vaste e feconde letterature del mondo. Le opere di narrativa, storia, filosofia, teologia, poesia, sia originali sia di derivazione greca e persiana, che meriterebbero di essere menzionate, sono innumerevoli. Ricordiamo brevemente l'antologia Alf layla wa layla ["Le mille e una notte"], che tuttora continua ad affascinare l'umanità nelle sue innumerevoli traduzioni e riscritture. Da allora, l'arabo non ha mai smesso di essere, per centinaia di milioni di persone, una ricca e validissima lingua letteraria.
Di grammatica non semplice, l'arabo presenta, come le altre lingue semitiche, la flessione interna dei sostantivi e dei verbi. Soltanto lo scheletro consonantico delle parole rimane invariato, mentre infissi e vocali si combinano per ottenere le più sottili sfumature. Ricca di uvulari, aspirate e faringali ostiche agli Europei, l'arabo è tuttavia una lingua molto melodiosa. Oggi l'arabo si presenta in un gran numero di dialetti, non sempre mutualmente comprensibili, mentre la lingua classica è da tutti conosciuta come lingua dei media, delle pubblicazioni, della religione e dei rapporti internazionali del mondo arabo.
LESSICO FONDAMENTALE
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L'ALFABETO ARABO
L'alfabeto arabo, come la maggior parte delle scritture semitiche, è costituito dalle sole consonanti, in questo caso 28. Corre da destra a sinistra, altra caratteristica comune alle scritture del Medio Oriente. Di grande eleganza, questa scrittura si presta meravigliosamente ad essere vergata a mano, fornendo splendidi esempi di arte calligrafica. Perfettamente connaturato con la lingua araba, l'alfabeto ne segnala con precisione il complesso sistema consonantico, con una perfetta corrispondenza tra grafema e fonema.
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Le 28 lettere dell'alfabeto arabo completano perfettamente il sistema consonantico della lingua:
Tale alfabeto segnala con precisione il complesso sistema consonantico della lingua araba, ricca di tutte le tipiche classi di suoni (aspirate, glottidali, faringali) delle lingue semitiche. In particolare notiamo l'importantissima lettera segnata in trascrizione con lo spirito dolce del greco:
Si tratta della famosa alif, l'indispensabile consonante muta presente in tutte le più antiche lingue semitiche nonché in antico egiziano. In arabo, all'inizio di parola alif funge da aggancio vocalico (e in questo caso viene omessa in trascrizione), mentre nel mezzo della parola, quando si trova associata al simbolo detto hamza, corrisponde a un colpo di glottide, praticamente a un istantaneo arresto nell'emissione del suono. In questo caso, alif-hamza viene notata con lo spirito dolce del greco. Ma vedremo poi nei dettagli l'uso di hamza.
Caratteristica fonologica dell'arabo è che molti suoni vengono articolati molto più indietro, di quanto non accada in italiano e nella maggior parte delle lingue indoeuropee, tanto che l'arabo si è fatto la fama di possedere una serie di "gutturali" impossibili da distinguere quanto da pronunciare. Non è così, ma vediamo di fare un po' d'ordine, elencando questi suoni così ostici per noi europei.
La lettera h è la fricativa glottale sorda [h] e corrisponde all'h aspirata iniziale della parola inglese "house".
Le lettere h e ġ rappresentano le fricative velari sorda [x] e sonora [γ], cioè il ch finale del tedesco "Bach" e la g spagnola di "general".
Le lettere ḥ e ´ sono rispettivamente la fricativa faringale sorda e sonora, quest'ultima resa in trascrizione come lo spirito aspro del greco. Essendo pronunciati al livello della faringe, hanno il punto di articolazione più arretrato di tutti gli altri suoni, consistendo in pratica in una sorta di raschio ottenuto col passaggio forzato dell'aria attraverso la glottide. È difficile descriverne la pronuncia, non esistendo equivalenti delle lingue europee. In particolare, ḥ suona come una specie di h pronunciata ancora più indietro e fortemente strozzata, mentre ´ viene percepita dall'orecchio come un curioso schiacciamento della vocale successiva.
La lettera q è l'occlusiva uvulare sorda [q], una sorta di k articolata in fondo al velo palatino, simile alla c italiana di "cubo" ma ancora più arretrata. Va tenuta ben distinta da k [k] che è invece il normale suono velare di "china".
Un importante asse di opposizione, tipico delle lingue semitiche, oppone alle normali consonanti una classe di consonanti faringalizzate, ovvero pronunciate con uno strozzamento della faringe. Sono le lettere ṣ ḍ ṭ ẓ, corrispondenti faringalizzate delle lettere s d t z, da esse distinte grazie a un punto che viene posto sotto la lettera stessa.
Le lettere s e z corrispondono alla fricativa dentale sorda e sonora, cioè rispettivamente alla s sorda di "sole" e alla s sonora di "rosa".
La lettera š corrisponde al suono sc(i) dell'italiano "sciocco".
La lettera ğ è un'affricata palatale sonora, corrisponde alla g(i) dell'italiano "giardino" (nell'arabo classico manca del tutto il suono della g velare di "gatto").
Abbiamo con t e d le due fricative interdentali, sorda e sonora. Corrispondono rispettivamente al th inglese di "thing" e "that.
Per concludere, w e y sono semiconsonanti, come la u e la i delle parole italiane "uovo" e "ieri".
SCHEMA GENERALE DELLE CONSONANTI
In arabo non esiste differenza tra maiuscole e minuscole, né tra stampato e corsivo, epperò la forma della consonante muta, più o meno sensibilmente, a seconda della posizione che occupa nel corpo della parola, se sia isolata, iniziale, mediana o finale. Un po' come nella nostra scrittura corsiva, ogni lettera dell'alfabeto arabo si lega alla precedente ed è legata alla successiva. Le sei lettere ` d d r z w non posseggono le forme iniziali e mediane; queste lettere interrompono di fatto la continuità grafica della parola e la consonante che segue, anche se fa parte della stessa parola, dovrà ripartire di nuovo dalla forma iniziale.
Poiché molte consonanti hanno forma simile, bisogna fare attenzione a non confonderle. In questo caso i punti diacritici posti sopra o sotto le lettere graficamente simili aiutano a distinguerle, come ad esempio
oppure |
oppure |
oppure |
Ma vediamo delle parole complete, così da imparare a distinguere le singole consonanti che le compongono:
Nella scrittura, specie nella scrittura d'arte, càpita che coppie di lettere vengano legate tra loro in modo diverso dalla normale successione orizzontale. La correttezza dei dizionari, unita all'uso sempre più intensivo del mezzo elettronico, ha portato a un sempre maggior rigore della scrittura ed a un'eliminazione progressiva di questi nessi. Ne mostriamo qualcuno:
Alcuni di questi nessi tuttavia sono ormai standardizzati. È il caso di lām-alif, successione di lām e di alif, da alcuni considerata una lettera a sé stante e che ha una forma particolare.
Lingua così ricca e varia nelle consonanti, l'arabo classico è al contrario assai povero di vocali, contemplandone soltanto tre:
Esse possono essere sia brevi che lunghe. In trascrizione, le lunghe vengono contrassegnate con un macron:
La pronuncia delle vocali a u i, in arabo classico, coincide con quella delle stesse in italiano: [a] [u] [i], e questo sarà anche il modo in cui le renderemo nei nostri esempi. Ma in pratica, all'orecchio di un europeo, a finisce per assumere spesso il colore di e ed u viene a suonare come o. Queste variazioni di pronuncia sono dovute al fatto che l'emissione dei suoni [a] [u] [i], posti ai vertici del triangolo vocalico, richiede un'energia maggiore rispetto ai suoni "intermedi" [e] ed [o], e poiché non vi è alcun rischio di confusione, in quanto in arabo i suoni [e] ed [o] non sono distintivi di significato, ecco che nel parlato quotidiano la pronuncia di a ed u può perdere energia e suonare come [e] ed [o]. Tali dizioni non vanno considerate errate. La distinzione infatti è soltanto fonologica: la fonetica araba considera i suoni [a] ed [e] perfettamente omofoni, esattamente come [u] ed [o]. È questa la ragione per cui la località di al-Alamayn, teatro di una famosa battaglia, viene generalmente pronunciata "el-Alamein"; e il nome del Profeta, la cui grafia corretta è Muḥammad, viene in genere pronunciato come fosse "Mohammed".
Le vocali brevi a u i sono implicite nella scrittura araba, che si limita a segnare soltanto le consonanti. Per la loro lettura ci si affida alla conoscenza della lingua da parte del lettore. Si noti come, negli esempi che seguono, le vocali sono presenti soltanto in trascrizione, mancando del tutto nella grafia araba:
Quando la vocale breve cade all'inizio della parola, viene utilizzata, per indicarne la presenza, un particolare segno diacritico chiamato hamza sostenuto dalla consonante debole alif. Hamza viene posta sopra il corpo della alif se questa funge da aggancio ad a o i, sotto la alif se funge da aggancio ad i.
Vediamo qualche esempio:
Mentre la scrittura araba non nota le vocali brevi, contrassegna le vocali lunghe ā ū ī facendo seguire alla vocale implicita una consonante di prolungamento (mater lectionis), che sarà rispettivamente una delle tre consonanti deboli ` w y [alif wāw yā`].
Vediamo qualche esempio:
All'inizio della parola, le vocali lunghe sono contrassegnate da alif hamza, esattamente come le brevi, ma seguite in questo caso dalla consonante di prolungamento (mater lectionis). Dunque per ī iniziale si ha alif hamza seguìta da yā` di prolungamento. Per ī iniziale si ha alif hamza seguìta da wāw di prolungamento. Per ā iniziale si dovrebbe dunque scrivere alif hamza seguìta da alif di prolungamento, ma non essendo possibile scrivere due alif una di seguito all'altra, si usa qui una alif madda ["allungata"], ovvero una particolare alif sormontata da una seconda alif più piccola, posta trasversalmente sopra la prima.
Vediamo qualche esempio:
MOZIONI VOCALICHE: FATḤAH, ḌAMMAH, KASRA
In arabo le vocali brevi di norma non vengono indicate. Quando però è necessario evitare degli errori (ad esempio nel caso particolare della lettura coranica, dove la tradizione pretende la massima correttezza nella lettura), allora vengono usati tre segni diacritici, le cosiddette "mozioni vocaliche", fatḥah, ḍammah, kasra, le quali, poste su una consonante, indicano che quella consonante è articolata rispettivamente con a u i. Vi è inoltre un quarto segno, il sukūn ["quiete"], che indica assenza di vocale e viene posto sulla consonante seguita da altra consonante o su una consonante finale.
Vediamo in questa serie di esempi qual è il corretto impiego delle mozioni vocaliche:
Come abbiamo visto, all'inizio di parola, hamza è il segno diacritico che, posto sopra (o sotto) alif, regge la vocale breve che dà inizio alla parola stessa. Ma hamza è una vera e propria lettera, la prima dell'alfabeto arabo. Essa segnala l'occlusiva glottale sorda, in pratica un colpo di glottide che avvia o arresta l'emissione del suono.
Se all'inizio di parola hamza coincide in pratica col suono della vocale, all'interno della parola la si percepisce nettamente come un rapido stacco rispetto alla sillaba precedente. In questo caso hamza viene trascritta con lo spirito dolce del greco.
Hamza necessita in tutti i casi di un sostegno, che può essere una delle tre consonanti deboli: alif, wāw o yā` (quest'ultima scritta in questo caso senza i puntini sotto):
L'ortografia di hamza è piuttosto complicata. Al centro di parola, hamza viene retta da alif, wāw o yā`, a seconda della vocale breve (rispettivamente a u i) che viene articolata con essa.
In altri casi hamza si regge sulla vocale (lunga o breve) della consonante che la precede.
Analogamente, hamza finale ha per supporto la vocale della consonante precedente. Se la lettera precedente è priva di vocale (avendo il sukūn), o è una alif o wāw, di prolungamento, allora hamza si scrive senza sostegno. In tale posizione, hamza corrisponde a un semplice colpo di glottide alla fine della parola.
SUFFISSO FEMMINILE: TĀ` MARBŪṬA
In arabo, i nomi femminili terminano normalmente per -a; si usa per indicare questa terminazione una particolare t finale detta tā` marbūṭa ["t legata"]. Le origini etimologiche di questa tā` sono evidenti, essendo -t la tipica desinenza femminile delle lingue semitiche, presente in molti sostantivi e pronomi arabi (es. bint "figlia" contro ibn "figlio").
Vediamo il suo uso in alcuni sostantivi femminili:
Un particolare diacritico, chiamato tašdīd o šadda posto sopra la consonante, serve a raddoppiare la stessa, che verrà pronunciata con maggior forza, analogamente alla geminazione segnata dall'ortografia italiana.
Vediamo qualche esempio:
Il tašdīd serve anche a indicare l'assimilazione nel caso l'articolo determinativo al ["il"] preceda un sostantivo iniziante per lettera "solare". Infatti l'arabo distingue le lettere in "solari" e "lunari": le prime producono assimilazione con l'articolo, le seconde no.
Vediamo come il tašdīd assimila l'articolo al con la successiva parola iniziante per lettera solare:
Una particolare serie di diacritici, chiamati tanwīn, consistenti nel raddoppiamento delle mozioni vocaliche, segnano il fenomeno fonetico della "nunazione", che consiste in pratica nell'aggiungere in coda alla parola una vocale nasalizzata, cioè seguita da suono nasale, in questo caso n [nūn]. A seconda della vocale, abbiamo il tanwīn fatḥah (per -an), il tanwīn kasra (per -in) e il tanwīn ḍammah (per -un).
Il tanwīn alla fine della parola segna l'idea di indeterminazione (corrisponde cioè all'articolo indeterminativo italiano "un" "una" "uno" "degli" "delle", etc.). Si usa -un quando il sostantivo è in caso nominativo, -an quand'è in accusativo, -in quand'è in genitivo. Facciamo qualche rapido esempio:
Per concludere il nostro rapido ex-cursus della scrittura araba, non si possono tacere alcuni tipi di alif diacritizzate, usate in casi particolari.
La prima, alif maqṣūra, ha in realtà la forma di una yā` priva dei due puntini alla base. Si trova in fin di parola e si pronuncia come una a lunga.
Esempio:
Alif waṣla, è una semplice lettera di collegamento. Si trova in determinate espressioni o in certuni nomi, e non viene pronunciata.
Vediamo un esempio:
Quest'espressione è tratta dalla Bismāla, l'invocazione con cui iniziano quasi tutte le sure del Qur`an, "In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso". Tale iscrizione compare quasi dovunque, nel mondo islamico, scritta in tutti i modi e le forme possibili:
L'arabo classico non ha alcuna punteggiatura. Solo in tempi recenti si è imposta la punteggiatura dell'alfabeto latino, adattata a una scrittura che procede da destra verso sinistra:
Concludiamo la nostra rapida esposizione della scrittura araba con i numeri. Quando parliamo di "numeri arabi" intendiamo più precisamente la numerazione posizionale, basata sul concetto di zero, che abbiamo derivato dagli arabi (i quali a sua volta l'avevano derivata dagli indiani). La grafia dei numeri arabi è però diversa dalla nostra, e qui la riportiamo.
Una curiosità. Mentre la scrittura araba decorre da destra a sinistra, i numeri arabi decorrono in senso inverso, da sinistra a destra. Cosicché, leggendo un testo in arabo si troveranno i numeri scritti in senso opposto al normale senso di scrittura.
DIALETTI
La lingua araba è, pressoché da sempre, soggetta al fenomeno della
diglossia, cioè alla separazione tra la lingua classica, scritta allo stesso
modo in tutti i paesi dove è diffusa, e le diverse parlate locali, spesso
discordanti le une delle altre. Nella lingua scritta, attenta evoluzione della
lingua del dettato coranico, si esprimono la letteratura araba moderna, la
stampa e
Non così la lingua parlata, distinta in numerosissimi dialetti, spesso incomprensibili tra loro, tra i quali si possono tuttavia distinguere un gruppo dei dialetti orientali, parlati nelle regioni del Medio Oriente, e quelli occidentali, parlati nelle regioni nordafricane. Questi due gruppi, pur differenziandosi al loro interno, presentano dei caratteri di omogeneità e delle peculiarità che consentono di attribuire l'appartenenza di un singolo dialetto all'uno o all'altro gruppo.
Una seconda distinzione tra le parlate rispecchia l'opposizione tra sedentari e nomadi tipica della civiltà araba. Infatti i dialetti parlati dai nomadi, siano essi orientali o occidentali, possiedono delle caratteristiche comuni che li distinguono dai dialetti dei sedentari, orientali o occidentali. In generale si può dire che i dialetti dei sedentari, parlati nelle città e nelle oasi, sono più innovativi rispetto a quelle dei nomadi, e che i dialetti dei centri urbani si differenziano da quelli delle zone rurale.
Il dialetto delle capitali, a sua volta, tende a imporsi fino ad assumere talvolta le caratteristiche di una vera e propria lingua nazionale. È il caso del dialetto del Cairo, spesso utilizzato a livello ufficiale, e come tale conosciuto e capito anche fuori dall'Egitto grazie alla produzione cinematografica e televisiva egiziana, espressa in gran parte in dialetto ed esportata in tutto il mondo arabo.
Essendo impossibile descrivere qui tutte le variazioni dialettali dell'arabo, ci limiteremo soltanto a qualche rapido excursus sulle variazioni nella pronuncia di determinate lettere nel mondo arabo.
BIBLIOGRAFIA E LETTURE CONSIGLIATE
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