Miniatura

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Miniatura del Cavallo di Troia, tratto dal Vergilius Romanus, un manoscritto dell'Eneide di Virgilio risalente ai primi anni del V secolo

La miniatura è l'immagine realizzata per decorare le lettere iniziali dei capitoli in un manoscritto, tradizionalmente di colore rosso.
Il termine deriva verosimilmente dal latino minium, un particolare minerale dal quale si ricavava il colore rosso[1].
A partire dal XIV secolo, il diffondersi di illustrazioni di piccolo formato fece sì che il significato di "miniatura" passasse ad indicare dipinti, oggetti e forme di dimensioni ridotte.

Oltre al vocabolo “miniatura” esiste in italiano anche il termine meno utilizzato di alluminatura o illuminatura (in inglese e francese si usano infatti rispettivamente illumination e enluminure): si suppone che derivi dai colori luminosi e vibranti che risaltano sulla pagina scritta, ma non ci sono fonti a riguardo. Franco Brunello rimanda invece all'allume, chiamato nel Medioevo lume, che veniva mescolato ai coloranti come legante per ottenere lacche[2].

Indice

·                     1 Tipologie

·                     2 Miniatura in Occidente

·                     3 Mondo ebraico

·                     4 Mondo islamico

o                4.1 Persia

·                     5 Tecniche di esecuzione e materiali

o                5.1 Pigmenti, lacche, coloranti e leganti

§           5.1.1 Pigmenti

§           5.1.2 Lacche

§           5.1.3 Coloranti

§           5.1.4 Leganti

·                     6 Note

·                     7 Bibliografia

·                     8 Voci correlate

·                     9 Altri progetti

Tipologie  

La miniatura è il colore applicato al capolettera dai copisti o scrivani, all'inizio del capitolo o del paragrafo che più correttamente andrebbe indicato col termine di rubricazione. Nel manoscritto il testo è redatto con caratteri che hanno una forma propria: quando la scrittura ha un fine estetico, si parla di calligrafia. Lo studio delle antiche scritture è invece affrontato dalla paleografia.

In ambito tecnico anche i disegni e le decorazioni eseguite con lo stesso inchiostro usato per la scrittura vengono indicati come "calligrafia": la miniatura vera e propria infatti si basa su pigmenti propri e spesso le figure professionali di chi scriveva il testo e di chi lo miniava erano completamente separate.

La miniatura può trovarsi in mezzo al testo ma può non avere alcun rapporto con esso. A seconda della posizione della miniatura sulla pagina si può adoperare la seguente terminologia:

Miniatura in Occidente  

Vangeli di Lindisfarne (VIII secolo)

 

 

Fratelli Limbourg, Ottobre, Très Riches Heures du duc de Berry (1412-1416)

I primi manoscritti miniati sono i documenti dell'Antico Egitto, costituiti dai papiri, sotto forma di rotoli. Non sono rimaste che poche testimonianze sull'antica decorazione dei papiri in età greco-romana, che avevano la forma di rotuli e poiché andavano svolti a poco a poco, le illustrazioni non erano altro che piccole vignette o figurette che interrompevano le colonne del testo.

La nuova forma del libro e la diffusione della pergamena permisero l'uso delle pagine intere, con illustrazioni di maggiore dimensione e pregio (Iliade Ambrosiana, Virgilio Vaticano, Virgilio Romano).

La scuola bizantina sviluppò nuove convenzioni artistiche creando un taglio netto con la tradizione precedente. Con la diffusione del monachesimo, i centri della cultura europea divennero i monasteri, nei cui scriptoria si copiavano le opere antiche, permettendone la trasmissione alle generazioni future. Amanuense e miniatore erano spesso due figure distinte, anche se quasi sempre, soprattutto nell'alto medioevo, appartenenti alla medesima comunità religiosa e quindi di analoga formazione e cultura figurativa. Il Cristianesimo portò a una perdita di interesse verso la realtà percepita dai sensi e si sviluppò uno stile figurativo dove ogni elemento acquista valore solo in quanto metafora del mondo trascendente. Si sviluppò una relazione stretta tra testo e immagini, con iniziali figurate (da figure umane o animali) e istoriate (con piccole scene o decori vegetali), bordi decorati, monogrammi a piena pagina per le prime lettere del testo, tavole di canoni, immagini didattiche e mnemoniche. Questo processo venne sicuramente favorito dalla sensibilità lineare e ornamentale dei popoli barbarici.

Nei monasteri irlanesi, tra il VII e il IX secolo, si diffuse un tipo di decorazione raffinatissima basata su intrecci di racemi e figure stilizzate, organizzati in complessi schemi geometrici. La maggior parte delle figurazioni umane, quando presenti, erano di natura antinarrativa e sacrale.

La miniatura carolingia vide la committenza degli imperatori stessi tra i committenti di opere librarie, che in questo periodo raggiunsero un vertice per qualità e rilevanza, con una svolta stilistica rispetto al secolo precedente.

Con il risveglio artistico del XII secolo la decorazione dei manoscritti ricevette un nuovo impulso. Gli artisti del tempo eccellevano nella miniatura di margini ed iniziali, ma anche nelle figurazioni, caratterizzate da un tratto vigoroso, linee spesse e uno studio attento del drappeggio. Gli artisti migliorarono la rappresentazione delle forme umane e, nonostante resistesse la tendenza a ripetere i soggetti secondo modi convenzionali, gli sforzi individuali produssero in questo secolo numerose miniature di carattere estremamente elegante. Lo stile del XII secolo lasciò il posto ad immagini di dimensioni ridotte durante il periodo gotico. Le dimensioni dei libri si ridussero notevolmente e aumentò la loro diffusione.

Con l'avvento del XV secolo, sotto l'influenza del Tardo gotico e del Rinascimento, la miniatura ricevette una spinta artistica che la ripropose sulla ribalta continentale. Grandi committenti erano ormai anche le corti e personaggi del mondo laico, che richiedevano opere di qualità estrema.

Con l'introduzione e il diffondersi della stampa la miniatura continuò per lungo tempo ad essere presente, anche se cominciò gradualmente a perdere d'importanza proprio all'aumentare della disponibilità di libri, diventando un aspetto sempre più marginale, certamente per via del costo aggiuntivo della decorazione manuale.

Mondo ebraico

La peculiare situazione ebraica ha visto la dispersione della popolazione in piccole comunità separate che riuscirono a mantenersi autonome sul piano culturale rielaborando, secondo la propria dottrina, le influenze, anche artistiche, circostanti. Le rigide disposizioni bibliche sul divieto di rappresentazione della divinità hanno spesso confuso gli osservatori inesperti. In realtà solo in ambiti circoscritti di particolari libri liturgici la decorazione è stata del tutto evitata. In ogni caso va tenuto presente che, al contrario del sistema occidentale, nella decorazione testuale ebraica il testo è del tutto separato dalle immagini. Lo sviluppo della miniatura ebraica si è avuto in ambiti diversi dai tradizionali centri scrittori a causa delle ovvie difficoltà linguistiche. Lo scriba era dunque un ebreo, sia professionista che dilettante. Nel XV secolo Abraham ben Judah ibn Hayym redasse un testo di miniatura in lingua portoghese scritta con caratteri ebraici. La realizzazione della decorazione del testo, eseguita a parte, fece uso di particolari accorgimenti grafici. Il principale è la micrografia cioè una tecnica, esclusiva del mondo ebraico, consistente nella scrittura a caratteri minutissimi di interi brani disposta talvolta a formare raffigurazioni decorative (fiori, animali ed anche figure umane). Ovviamente il soggetto del testo poteva influenzare la miniatura: nei testi religiosi (libri della bibbia e loro commenti) oltre alla presenza di un repertorio non figurato di festoni e fiori compaiono scene che illustrano i passi più rilevanti. Nei testi liturgici delle festività e in quelli relativi al cerimoniale della pasqua compaiono pure illustrazioni figurative con testimonianze di caratteristiche precipue delle zone di realizzazione. Ad essere decorati erano pure i contratti matrimoniali (almeno fino al XVIII secolo avanzato). L'altro sistema di decorazione consiste nell'evidenziare con oro, colori ecc. l'intera prima parola (o coppia di parole) del testo.

Mondo islamico  

Anche nel mondo islamico è esistita una fiorente attività di miniatori che per secoli hanno decorato i libri. Va ricordato che l'introduzione di tipografie in queste aree geografiche fu molto tardo (esistevano stamperie con caratteri orientali ma producevano soprattutto libri per studiosi occidentali) e questo fece sì che la professione di miniatore resistesse più a lungo incontrastata.

Anche i luoghi comuni relativi alla aniconicità (assenza di rappresentazione di figure umane) dell'arte islamica devono essere sfatati. Se è vero che il Corano per la sua particolare sacralità non riceveva alcuna decorazione, se non “astratta” e geometrica, altri testi mostrano invece una grande quantità di immagini.

Persia  

 

Miniatura dell'era Safavide conservata nello Shah Abbas Hotel ad Esfahan

L'arte persiana (e quella ottomana) ha una lunga tradizione nell'uso di miniature. In quest'ambito esse sono di natura illustrativa e sviluppandosi dalla più antica tradizione di decorazione del testo sono diventate illustrazioni a foglio singolo conservate in appositi album (a differenza di queste alla controparte occidentale ad acquerello non si applica i nome di miniatura).

Reza Abbasi (1565 - 1635) è considerato uno dei più rinomati miniaturisti persiani che si siano cimentati in quest'arte, con una preferenza per soggetti naturalistici. Le opere conservate sono reperibili nei maggiori musei del mondo occidentale: lo Smithsonian, il Louvre ed il Metropolitan Museum of Art di New York.

Tecniche di esecuzione e materiali  

La tecnica alla base della miniatura è la tempera cioè la dispersione di un pigmento o di una lacca in un legante che permette al colore di aderire al supporto o alla preparazione. I pigmenti sono sostanze per lo più minerali, chimicamente inerti, che hanno bisogno di un adesivo per rimanere in posizione. Le lacche sono invece sostanze vegetali (di solito liquidi) trattate con allume per permetterne la preparazione come pigmenti solidi. Molto più raro è invece l'uso di coloranti applicati direttamente. I colori si mescolavano poco e talvolta non del tutto: l'artista lavorava "tono su tono", a colore asciutto, e giocava con i leganti per ottenere le sfumature a partire dallo stesso pigmento. Per ottenere le ombre viene usata la tecnica della Lavatura d'inchiostro. Dal XV secolo, con la comparsa del guazzo, le campiture sono definite da un contorno ocra realizzato in punta di pennello.

Pigmenti, lacche, coloranti e leganti  

Pigmenti  

Lacche  

Coloranti  

I coloranti sono ottenuti da prodotti vegetali e animali.

Leganti  

Vengono utilizzati leganti e colle per permettere al pigmento di aderire al supporto: colla di pesce, bianco d'uovo, con aggiunta di polvere di chiodo di garofano o allume per prolungarne la conservazione, gomma arabica.

Storia della miniatura

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la fascia dei segni zodiacali (1412-1415)

La miniatura è un'arte che ha rivestito una grandissima importanza nella produzione artistica europea e mediorientale. La sua storia, in alcuni casi parallela a quella della pittura, va dall'antichità, in particolare per l'Europa dal II secolo d.C., sino al tardo rinascimento, quando la diffusione della stampa permise di creare illustrazioni in serie più a buon mercato.

La miniatura esiste fin dall'epoca del papiro, ma è nella tarda antichità, con la comparsa del libro, che parole e immagini arrivarono a fondersi in una perfetta convivenza. La miniatura rappresenta per molti secoli la principale fonte per ricostruire l'arte pittorica, essendo quasi completamente perdute o manomesse le testimonianze di affresco, pittura su tavola o su altri supporti dall'antichità fino al II millennio d.C. Inoltre i codici miniati, essendo costosissimi prodotti di lusso, erano spesso legati alla più alta committenza sia religiosa che laica, preservando traccia del gusto più raffinato di quelle epoche[1].

Origini  

 

Psicostasia, Libro dei Morti di Ani, 1275 a.C. circa

 

 

 

Papiro di Eracle (Oxford, Sackler Library, Oxyrhynchus Pap. 2331), III secolo

I primi manoscritti miniati sono i documenti dell'Antico Egitto, costituiti dai papiri, sotto forma di rotoli più o meno lunghi. Il Libro dei morti di Ani (1275 a.C. circa, custodito al British Museum) misura 24 metri, mentre il Papiro di Torino (1290 a.C.1224 a.C.) circa 58.

Non sono rimaste che poche testimonianze sull'antica decorazione dei papiri in età greco-romana e quindi la ricostruzione delle origini della storia della decorazione dei testi scritti è ancora oggetto di incertezza. Si conosce che i papiri avevano la forma di rotuli e poiché andavano svolti a poco a poco, le illustrazioni non erano altro che piccole vignette o figurette che interrompevano le colonne del testo. Queste immagini erano solitamente un corredo alle descrizioni scritte o la visualizzazione di episodi narrati, che in ogni caso non modificavano l'impaginazione e la struttura grafica del testo[1].

Si conoscono alcuni frammenti di rotuli mediobizantini che sembrerebbero copie antichizzanti di esemplari classici, dove esiste una sequenza di illustrazioni accompagnate da bervi didascalie: anche in questo caso però le immagini non sono integrate col testo, ma lo sostituiscono.

Secondo le teorie di Weitzmann il cambiamento strutturale dei manoscritti avvenuto tra il I e il III secolo (passaggio dalla forma di rotolo papiraceo a quella di codice pergamenaceo) avrebbe portato ad una diversa organizzazione del testo sulle pagine e posto le basi per uno sviluppo dell'illustrazione del manoscritto.

Miniatura carolingia  

Durante il periodo della cosiddetta rinascenza carolingia si sviluppò, probabilmente col supporto dell'autorità di Carlo Magno, una scuola di pittura derivata dai modelli classici, principalmente di tipo bizantino. Se le opere di pittura murale carolinge sono molto scarse, ci sono pervenuti numerosi e splendidi manoscritti miniati dell'epoca, che testimoniano la vitalità artistica dell'epoca nelle arti pittoriche[3].

Il libro rivestì un'importanza fondamentale nell'organizzazione dell'Impero, essendo veicolo delle leggi scritte e del recupero del sapere antico. Per questo gli imperatori stessi furono grandi committenti di opere librarie, che in questo periodo raggiunsero un vertice per qualità e rilevanza, con una svolta stilistica rispetto all'VIII secolo[3].

Appaiono contemporaneamente due modelli di illustrazione:

Una prima fase riguardò il monastero di Corbie, a nord di Parigi, in Piccardia, nel quale si iniziarono a produrre codici (come il Salterio di Corbie Ms. 18) caratterizzati da una equilibrata sintesi tra testo e immagini, derivata dalla scuola irlandese, con iniziali ornate da personaggi e mostri fantastici[3]. Una seconda fase si registrò con la committenza di Ludovico il Pio, tramite la quale per la prima volta si cercò di penetrare l'arte antica anche riproducendone i caratteri stilistici. Ne sono un esempio gli Evangeli dell'Incoronazione (inizio del IX secolo. Una terza fase è rappresentata da un gruppo di codici provenienti forse da Reims (vangeli di Ebbone, ante 823, e il Salterio di Utrecht), dove si riscontra un'innovativa vitalità espressiva, come per esempio nelle vivide figurette dei codici di Ebbone (cacciatori, letterati, scalpellini, animali simbolici, piante, ecc) o nelle scenette del Salterio di Utrecht, dallo stile narrativo efficace[4].

Miniatura persiana  

Scena di ascetismo, Moraqqa’-e Golshan, conservato nel Golestan Palace di Tehran, Iran (XV secolo)

Proprio mentre in Europa la miniatura veniva messa da parte, in Persia, con artisti quali Reza Abbasi, essa viveva un periodo di grande vitalità artistica, con una grande attenzione ai soggetti naturalistici. La miniatura persiana, erede di una lunga tradizione, influenzò la produzione di manoscritti decorati anche nel mondo ottomano fino al XIX secolo.

Etimologia del termine

La parola miniatura deriva da minium, termine che nell’età classica e nei primi secoli del Medioevo indicava il cinabro, ossia il solfuro di mercurio, sostanza di colore rosso usata già nella pittura antica e adoperata anche per dipingere in rosso iniziali, titoli e rubriche di testi scritti. Miniare o minio describere significò originariamente scrivere con il colore rosso. Più tardi la parola miniatura si estese a indicare la decorazione e l’illustrazione di un testo scritto.

Nel Medioevo l’arte della miniatura fu detta anche alluminatura o illuminatura. Ad esempio ricordiamo come Dante nel canto XI del Purgatorio, quando incontra il miniatore Oderisi da Gubbio, scriva: "'Oh' diss’io lui 'non se' tu Oderisi/ L’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte/ Ch’alluminar chiamata è in Parisi?'". Il termine è inoltre utilizzato nel più noto trattato medievale sulla tecnica della miniatura, il De arte illuminandi, di cui il più antico esemplare noto è il manoscritto di fine Trecento oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli. L’interpretazione del termine "alluminare" o "illuminare" è stata oggetto di discussione. Si è dapprima ritenuto che la parola derivasse dal latino lumen (luce) in quanto la miniatura, luminosa nell’uso dei colori e della foglia d'oro, dava preziosità e luce al testo scritto. Più tardi invece, attraverso lo studio dei trattati di tecnica della miniatura, si è più credibilmente supposto che "illuminare" o "alluminare" derivi dal termine alumen (allume di rocca). Nella miniatura medievale infatti si utilizzavano spesso lacche alluminate, ottenute dalla reazione chimica dell’allume di rocca con certe materie coloranti vegetali.

Per miniatura si intende l’illustrazione destinata all’uso librario condotta a mano con mezzi pittorici. Questa definizione vale relativamente all’Europa occidentale e al periodo compreso tra l’età paleocristiana e gli inizi del XVI secolo. Due eventi fondamentali delimitano il periodo durante il quale l’arte della miniatura si sviluppò e raggiunse esiti di alta qualità artistica: il passaggio dal rotolo al codice avvenuto gradualmente tra il I e il III secolo d. C. e l’avvento della stampa tipografica che, sperimentata per la prima volta da Gutenberg a Magonza alla metà del XV secolo, si diffuse poi in tutta l’Europa.

L’illustrazione dal rotolo al codice
 


Rotolo di papiro con illustrazioni, Parigi, Bibliothèque Nationale, cod. suppl. gr. 1294, II secolo d.C. Fig. 1
        Il profeta Esdra scrive su un codice; sullo sfondo un armadio contenente altri volumi manoscritti, dal Codex Amiatinus, Firenze, Biblioteca Laurenziana, cod. Amiat. 1, f. Vr, 700 ca., miniatura su pergamena, mm. 500 x 340. Fig. 2

Il libro aveva anticamente forma di rotolo; era costituito da fogli di papiro o di pergamena incollati lungo i margini e arrotolati e veniva letto svolgendolo. Ad esso nel III secolo d. C. si sostituì il codice, formato da fogli di pergamena ripiegati e che riprendeva il formato rettangolare delle tavolette cerate usate a Roma fin in età avanzata per le scritture correnti. Già nella civiltà egiziana i "libri dei morti", scritti su papiro e deposti nelle tombe, erano decorati con illustrazioni a colori; anche nella civiltà greca e romana, le poche testimonianze rimaste permettono di evincere che soprattutto i testi scientifici e letterari erano accompagnati da illustrazioni. Esse, seguendo il formato del rotolo, erano disegnate tra le righe del testo in composizioni continue e lateralmente aperte [fig. 1]. È però solo con l’affermazione del codice che le illustrazioni divengono maggiormente ricche ed elaborate, adattando i modelli illustrativi usati nel rotolo al nuovo formato piano e chiuso della pagina e alla nuova disposizione dei tesi scritti [fig. 2].

Il libro rappresentò così per tutto il Medioevo un luogo privilegiato per l’espressione della cultura artistica. Scrittura e immagini instaurarono un rapporto intimo e strettissimo. Basti pensare allo sviluppo dell’iniziale che, già evidenziata nell’antichità per motivi essenzialmente pratici, si sviluppò dapprima con elementi decorativi, a intreccio, vegetali o animalistici e divenne poi figurata e istoriata. Così le grandi miniature a piena pagina rivelano esiti pienamente confrontabili con i risultati raggiunti dalla pittura monumentale. Inoltre, in alcuni periodi, basti pensare all’età caroligia o ottoniana, proprio la miniatura costituisce una fonte importante per conoscere la cultura stilistica e iconografica della gemella arte pittorica, data la perdita di molti cicli ad affresco o di tavole. Anche dopo la nascita della stampa continuarono fino ai primi decenni del Cinquecento a prodursi libri manoscritti e libri stampati, gli uni e gli altri decorati a mano; da questo momento tuttavia la diffusione della stampa e l’avvento delle tecniche incisorie meccaniche, soprattutto la xilografia, soppiantarono la decorazione e l’illustrazione miniata.


Rapporto con la storia dell’arte e periodizzazione

Ognuno dei periodi in cui solitamente viene periodizzata la storia dell’arte medievale trova ampie testimonianze nella storia della miniatura. Dell’età tardoantica e paleocristiana ricordiamo capolavori quali il Virgilio Vaticano (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, vat. Lat. 3225, vedi 3.2), la Genesi Cotton (Londra, British Library, cod. Cotton Otho B. VI) e la Genesi di Vienna (Nationalbibliothek, cod. theol. gr. 31) o, nell’illustrazione del libro scientifico, il Dioscoride appartenuto alla principessa Anicia Giuliana, eseguito a Bisanzio poco dopo il 512-513 (Vienna, Natilonalbibliothek, cod. med. gr. 1). Il loro ricco corredo illustrativo dimostra come ancora nel IV e VI secolo sopravvivesse nel libro miniato l’esempio della cultura figurativa ellenistica.

L’età altomedievale si apre con l’importante episodio della miniatura iberno-sassone sviluppatasi nei monasteri benedettini dell’Irlanda e dell’Inghilterra settentrionale. I libri dei Vangeli usati dai monaci per evangelizzare le popolazioni pagane del territorio, come il Libro di Durrow (Dublino, Trinity College Library, ms 57), restituiscono, negli incipit decorati con iniziali a intrecci, uno splendido esempio della commistione raggiunta in questo periodo tra elementi dell’arte celtica e sassone. La miniatura carolingia e quella ottoniana sono certo tra le più alte testimonianze di quella rinascita culturale e figurativa dell’arte e del pensiero antico che si attua nel IX-X secolo sotto la guida della dinastia franca e sassone. Ricordiamo ad esempio gli splendidi Vangeli realizzati per Carlo Magno alla scuola palatina di Aquisgrana, quali ad esempio quelli detti di San Medardo di Soissons (Parigi, Bibliothèque Nationale, lat. 8850), o i Vangeli eseguiti per gli Ottoni dalla scuola di Reichenau tra cui spicca per importanza il Vangelo di Ottone III oggi a Monaco (Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 4453). Inoltre la miniatura carolingia attraverso la mediazione del tardoantico costituisce un serbatoio di conoscenze della cultura illustrativa antica.

La nascita in età romanica di scuole regionali, dove - seppure generalizzando - il recupero di modelli iconografici e stilistici dell’arte bizantina porta alla formulazione di un linguaggio realistico di scomposizione e crudezza formale, è esaustivamente esemplificata dalle illustrazioni dei libri liturgici. Nelle figurazioni delle Bibbie di XII secolo, in stretto parallelismo con quanto dimostrano i portali scolpiti delle chiese di pellegrinaggio, assistiamo a una incredibile accelerazione del ricorso alla lettura simbolica e tipologica, come ad esempio dimostra la stupenda Bibbia di Floreffe (Londra, British Library, Add. 17738) realizzata attorno al 1170 nella regione mosana. In età romanica ha grande importanza la decorazione dell’iniziale che può essere ornata da motivi vegetali, zoomorfi o antropomorfi (iniziale decorata) o contenere all’interno figure (iniziale figurata) o vere e proprie storie (iniziale istoriata).

Venendo poi all’età gotica essa è pienamente rappresentata ai suoi esordi dai libri prodotti per re e regine della corte francese, come ad esempio il Salterio della regina Cristina (Copenaghen, Det Kongelige Bibliotek, Ms. GKS 1606) o la Bibbia Moralizzata di Vienna (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Cod. 2554). Le splendide miniature figurate e il ricco repertorio decorativo dei fregi ci restituiscono nello splendore dei colori e nella grazia raffinata del disegno quei caratteri di naturalismo e di aristocratica cortesia che caratterizzano l’arte del XIII secolo. Un esempio italiano su cui avremo modo di ritornare (vedi 5.2) sono i libri di argomento scientifico prodotti in Italia meridionale per l’imperatore Federico II. La miniatura gotica italiana del Trecento sa restituirci la grande portata innovativa della rivoluzione spaziale e plastica del linguaggio di Giotto e di Simone Martini, mentre gli splendidi "libri d’ore" e i "taccuini di sanità" prodotti nelle corti padane alla fine del Trecento rivelano a pieno il carattere aristocratico e raffinato dell’arte tardogotica.


Pittori e miniatori

Anche la professione del miniatore raggiunge nel Trecento una maggiore affermazione nel contesto sociale. Conosciamo sempre più nomi di miniatori e sempre di più appaiono le testimonianze di pittori che praticarono anche la miniatura. Giustamente famoso nell’Italia del XIV secolo è il caso di Simone Martini che minia il frontespizio di un codice di Virgilio appartenuto a Francesco Petrarca. Illustrazioni in codici di Petrarca realizzati a Padova alla corte di Francesco il Vecchio da Carrara vengono attribuite ai pittori Altichiero e Jacopo Avanzi.

Per poter studiare, si rese quindi necessaria la riproduzione dei libri e , poiché a quel tempo non era ancora stata inventata la stampa, i libri potevano essere riprodotti solo copiandoli a mano: nasce così la figura degli amanuensi, umili ed anonimi monaci che avevano il compito di riprodurre pazientemente a mano le Sacre Scritture, opere greche e latine, testi di grandi storici, poeti e naturalisti e, grazie al romano Cassiodoro, consapevole di quanto fosse importante che la cultura e le tradizioni delle antiche civiltà non andassero perdute, anche testi profani.

I libri ricopiati servivano ai monaci per la lettura e l'insegnamento. Era nei monasteri infatti che la cultura veniva custodita e tramandata ed alcuni di questi monasteri avevano biblioteche in cui erano custoditi i preziosi libri salvati dalla distruzione dei barbari.
I monaci che si dedicavano a questa attività studiavano le arti liberali (grammatica, dialettica, retorica, aritmetica, geometria, musica, astronomia) e spesso, nel lavoro di esegesi e nelle traduzioni, assumevano l'arbitrio di apporre interpolazioni o estrapolazioni allo scopo di dare un senso cristiano alla quasi totalità dei concetti e a tale proposito aggiungevano , a volte, anche una breve preghiera alla fine del libro.

Grazie all'opera degli Amanuensi, sono arrivati sino a noi tanti capolavori che altrimenti sarebbero andati perduti ed è per questo che i monasteri fpossono essere considerati dei veri e propri centri di promozione culturale oltre che di fede e spiritualità.

Il lavoro di copiatura era molto lungo e faticoso tanto è vero che, per ricopiare la Bibbia, era necessario un intero anno di lavoro fatto da più persone e vi erano persino dei testi così estesi e complicati che spesso non bastava l' intera vita di un Amanuense per realizzarne una copia. Proprio per questo, nei testi dei secoli IX e X, si trovano spesso affermazioni come questa: "L'approdo non è più gradito al marinaio di quanto non sia l'ultima riga del manoscritto allo stanco amanuense".
La media di copiatura era di 10-12 pagine al giorno nonostante di solito gli amanuensi fossero esonerati dalle preghiere della terza, sesta e nona ora proprio per non dover interrompere il loro lavoro nelle ore di luce. Gli amanuensi erano costretti a stare chiusi per ore ed ore nello scriptorium ( dal latino: luogo dove si scrive), fermi nella stessa posizione, con le dita e la mano che si irrigidivano per i crampi.

Lo scriptorium era una sala spaziosa ed illuminata da numerose finestre. Nella posizione più idonea a ricevere la luce c' erano i tavoli dove lavoravano i monaci amanuensi. Non in tutti i monasteri c'era però lo scriptorium; in tal caso, i monaci svolgevano il lavoro di scrittura nel refettorio o nelle celle individuali.

All'interno dello scriptorium vi era una specifica suddivisione dei compiti.

l lavori di preparazione, come ad esempio lisciare i fogli di pergamena e tracciare le linee parallele che avrebbero guidato la mano del copista ,spettavano ad aiutanti comuni chiamati Scriptores.

La copiatura spettava ai copisti, generalmente schiavi eruditi chiamati dagli antichi romani "servus a manu" e che provvedevano a realizzare, sempre manualmente e con bella grafia, le copie delle varie pagine che componevano il libro. I copisti utilizzavano piani d'appoggio, a volte con il piano inclinato: il manoscritto da copiare era poggiato su di un leggio fissato ad un supporto.

Gli Amanuensi scrivevano o meglio trascrivevano il testo, avendo cura della fedeltà dello scritto e della qualità del carattere, sui fogli di pergamena cioè pelle di agnello, pecora, montone o capra lavorata in modo da divenire liscia e chiamata pergamena in quanto entrata nell'uso comune per la prima volta a Pèrgamo, città dell' Asia Minore.

La decorazione spettava invece ai miniaturisti i quali avevano un compito certamente secondario rispetto al fatto di riprodurre e tramandare un testo, ma sicuramente più appariscente, più artistico e di forte impatto visivo.
Le loro meravigliose creazioni danno inizio, nei testi medievali, ai paragrafi e ai capitoli e molto spesso, nell'immaginario collettivo, s'identificano con lo stesso Medioevo. Si tramandano infatti pochi nomi di amanuensi, ma si citano molti nomi di artisti miniaturisti, alcuni dei quali erano anche talentuosi pittori nel senso tradizionale del termine che, nei periodi di scarso lavoro, non disdegnavano di prestare la propria opera a servizio della Chiesa o dei Signori che ne facevano richiesta. I miniaturisti realizzavano spesso autentiche opere d'arte miniate che volevano riflettere la grandezza e la gloria di Dio e venivano create con oro zecchino a 24 carati applicato su una base in gesso, per esaltarne la spazialità e poi lucidato con un brunitoio in pietra d'agata.

La miniatura era già stata usata come decorazione di manoscritti ai tempi degli Egizi e dei Greci, ma ebbe il suo massimo sviluppo nel Medio Evo. La parola 'miniatura' deriva dal latino minium, il colore usato per riquadrare le pagine e per scrivere i titoli e le lettere iniziali dei manoscritti. Gli amanuensi infatti lasciavano appositamente in bianco la lettera iniziale di ogni capitolo affinché venisse poi ' miniata' dai miniaturisti il cui compito era quello di illustrare, illuminare ed arricchire il testo con fregi, decorazioni, cartigli e figure varie, inserendosi con abilità nei margini, nei bordi, nelle lettere maiuscole, con tutta la grazia ricca e delicata di cui erano maestri.
Ai miniaturisti piaceva adornare la lettera iniziale di ogni capitolo o di ogni pagina con dorature o con vivaci colori come il rosso per le prime linee scritte, le lettere maiuscole ed i titoli, il verde e l' azzurro per le lettere iniziali e l' oro e l' argento per codici di lusso destinati al culto religioso. Essi inserivano nel testo delle piccole e bellissime raffigurazioni di angeli, di santi o di scene della vita di ogni giorno. In qualche libro, i margini di ciascuna pagina venivano decorati con ghirlande di fiori e di foglie e spesso, in mezzo a questi bordi infiorati venivano dipinti anche animaletti quali api, farfalle,scarabei e libellule.

Le miniature, col passare del tempo, divennero piccoli capolavori contenuti nello spazio di pochi centimetri quadrati all'interno degli Evangelari ( raccolta di testi sacri, messali), nei Salteri (raccolta di salmi) e nelle Bibbie che ebbero, grazie all'uso dell'oro e della porpora, un aspetto molto elegante.

Il codice medioevale non aveva una pagina dedicata al titolo, ma iniziava con la frase scritta con l'inchiostro rosso e con le lettere ingrandite: era l'incipit (inizio) e finiva con la parola explicit ( fine), dopo la quale si poteva trovare la sottoscrizione in cui erano indicati il nome del monaco amanuense, la data in cui aveva finito di scrivere e le persone per le quali aveva scritto.

Infine la rilegatura ? essenziale per l'uso e la conservazione dei testi ? spettava ai rilegatori, che spesso traducevano il loro lavoro in realizzazioni artigianali ed artistiche di altissimo livello in quanto spesso la rilegatura era in cuoio ed i volumi venivano abbelliti con massicci angoli d'argento lavorato a mano e con grossi fermagli. Alcuni libri venivano invece ricoperti di velluto o con una tavoletta d'avorio scolpito in basso rilievo. Qualche esemplare era perfino rivestito con una lamina d'oro battuto e riposto negli scrigni insieme con perle ed altri gioielli.

Pertanto ogni libro, ogni pagina, ogni parola ed ogni lettera erano frutto di uno sforzo artistico ed artigianale che vedeva collaborare fra loro una vera e propria equipe specializzata in Vangeli, Messali, Libri d' Ore, Corali, oggetti preziosi e lussuosi, custoditi gelosamente nei tesori e nelle biblioteche ed utilizzati per la liturgia ufficiale o per disparati usi privati.

Simone Martini

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Simone Martini, indicato talvolta anche come Simone Sanese (Siena, 1284Avignone, 1344), è stato un pittore e miniatore italiano, considerato indiscutibilmente uno dei maestri della scuola senese e sicuramente uno dei maggiori e più influenti artisti del Trecento italiano, l'unico in grado di contendere lo scettro di maggiore artista del trecento a Giotto. La sua formazione avvenne, probabilmente, nella bottega di Duccio di Buoninsegna.

Biografia e opere  

Le prime opere  

Simone Martini nacque a Siena nel 1284. I primi segni di attività artistica risalgono al 1305-1310 circa, quando il giovane Simone aveva circa 20-25 anni. A questa prima fase di attività sono attribuite una Madonna col bambino, di cui si ignora la collocazione di origine e che è oggi esposta nella Pinacoteca Nazionale di Siena (catalogata come opera n. 583), e una Madonna della Misericordia, proveniente dalla chiesa di San Bartolomeo a Vertine, nel Chianti, e anch'essa esposta nella Pinacoteca Nazionale di Siena. Quest'ultima si ritiene prodotta in collaborazione con Memmo di Filippuccio, soprattutto nei "raccomandati" raccolti sotto il manto di Maria. A questa fase alcuni ritengono debba appartenere anche la Croce dipinta proveniente dal Convento delle Cappuccine a Siena e anch'esso conservato alla Pinacoteca Nazionale di Siena. Questo primo Simone Martini è molto vicino a Duccio di Buoninsegna, come è evidente dal volto, manto e postura di Maria nella Madonna col Bambino n. 583. Tuttavia la ricchezza di dettagli decorativi e la resa scrupolosa di dettagli anatomici denotano il talento di Simone Martini, già in questi primi anni.

Successivamente a queste prime opere, ma in un periodo ancora precedente la realizzazione della grandiosa Maestà del Palazzo Pubblico di Siena, si ritiene che Simone Martini abbia dipinto un affresco di cui rimane solo la testa della Madonna, ed ospitata oggi dalla Chiesa di San Lorenzo al Ponte a San Gimignano (1310 ca.), e una lacunosa Maestà in esposizione al Museo di Capodimonte di Napoli (1310-1312 ca.). Queste opere, soprattutto la seconda, mostrano i segni di una transizione dal primo Simone Martini, ancora molto vicino al suo maestro Duccio di Buoninsegna, ad uno stile autonomo dell'artista già evidente nella Maestà del Palazzo Pubblico di Siena.

Bibbia di Borso d'Este

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Stemma degli Este

Pagina della Bibbia di Borso d'Este

La Bibbia di Borso d'Este è un codice miniato in due volumi da Taddeo Crivelli e altri tra il 1455 e il 1461. È conservata nella Biblioteca Estense di Modena col codice Ms. Lat. 422-423.

Storia  

La Bibbia di Borso d'Este, una delle più mature espressioni della miniatura rinascimentale, fu eseguita su pergamena nell'arco di sei anni da una squadra di artisti diretta dal Crivelli e da Franco dei Russi. Seguendo le sorti della casata fu portata da Ferrara a Modena nel 1598, dove rimase fino alla fine del ducato nel 1859. In quell'occasione venne presa, assieme ai tesori più preziosi della casata da Francesco V in fuga. Portata fuori dall'Italia venne recuperata durante la prima guerra mondiale, quando fu acquistata a un'asta dal senatore Giovanni Treccani e poi donata alla biblioteca modenese.

Descrizione e stile  

Ogni pagina della Bibbia è decorata da un'elegante cornice di girali e altri ornamenti, con il testo organizzato su due colonne. nella cornice si trovano spesso scene figurate, soprattutto nella parte inferiore, dove si notano spesso ambientazioni in prospettiva, aggiornate alle conquiste della pittura coeva. Spesso si trovano scene anche tra le colonne di testo, magari accanto alle lettere capitali figurate o istoriate. Nelle volute agli angoli si trovano spesso animali, analizzati con vivace spirito di osservazione che ricorda il gusto cortese, spesso legati a riferimenti araldici a Borso e alla sua casata.

Altre immagini  

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