Parchi  Nazionali

 

1.  del delta del Po'

 

 

Flora

Nel profilo indiscutibilmente unico del Delta del Po c'è il territorio creato sia dalla sedimentazione del fiume, che dall'opera dell'uomo che nei secoli ne ha regimentato le acque e bonificato i terreni. Nell'area del Delta, natura, storia, tradizione, cultura ed arte si intrecciano, offrendo al visitatore un paesaggio inedito e sorprendente

Fauna

L'ambiente del Delta limita la vita degli animali terricoli, eccetto che nei boschi e sulle dune costiere.
E' invece un vero paradiso per gli uccelli, sia stanziali che migratori, e per pesci e molluschi.
Per parlare della fauna del Delta del Po seguiamo un percorso che dalla campagna procede verso le zone più prossime al mare, differenziando gli ambienti che si incontrano e andandovi a descrivere gli animali che maggiormente li frequentano.

Uccelli

Gli uccelli, con oltre 370 specie di nidificanti, migratori e svernanti regolari, sono la parte più interessante della fauna del delta del Po.
Qui li identifichiamo in base agli ambienti dove è più facile trovarli.

Canali, golene fluviali, casse di espansione

Sono in assoluto gli ambienti più ricchi di specie per l'ampia varietà di situazioni che presentano. Tra i canneti nidificano specie come l'airone rosso e il falco di palude.
In alcune zone, il mignattino e il rarissimo mignattino piombato costruiscono il loro nido di steli sulle ninfee.

Lagune e valli, barene e dossi

Nidificano il fraticello, la sterna comune, il gabbiano reale, il gabbiano comune e la pettegola. Sono da segnalare inoltre l'airone rosso (Ardea purpurea), la spatola (Platalea leucoridia), l'ibis mignattaio (Plegadis falcinellus) e la volpoca (Tadorna tadorna).
Per gli uccelli migratori il delta è zona di svernamento e di rifugio, come per il quattrocchi (Buccephala clangula).
Durante le migrazioni e in inverno questi ampi specchi d'acqua
si popolano di migliaia di folaghe (Fulica atra) e di varie specie
di anatre: anatre tuffatrici, come moretta (Aythya fuligula)
e moriglione (Aythya ferina); anatre di superficie, come germano reale (Anas platyrhynchos), codone (Anas acuta), marzaiola , mestolone (Anas clypeata) e fischione (Anas penelope).

Il Delta

Detto il "dolce gigante", il Po, il fiume più lungo d'Italia, con i suoi 650 chilometri attraversa la pianura Padana fino all'Adriatico, dove sfocia a delta, dando vita ad una delle più vaste zone umide europee e del Mediterraneo.
Proteso nel mare come un triangolo con l'asse sul ramo centrale del Po di Venezia, esattamente sul 45° parallelo che è lo stesso di Torino e con i lati a nord lungo l'Adige e a sud lungo il Po di Goro, il Delta del Po è la porzione di territorio più giovane d'Italia.
Infatti, quella caratteristica sporgenza della parte alta dello Stivale italiano ha iniziato a formarsi poco meno di 400 anni fa ed è in continua evoluzione.

Evoluzione geologica

Dal Pliocene, 10-12 milioni di anni fa, quando il mare lambiva i rilievi alpini ed appenninici, al Wurm, 75.000-10.000 anni fa, ultimo periodo glaciale, si venne formando la pianura Padana.
La linea di costa sull'Adriatico si stabilizzò solo 5-6000 anni fa ed è da quel periodo che possiamo seguire con buona approssimazione il processo evolutivo della foce del Po.

Approfondimenti

Il paesaggio

Nel profilo indiscutibilmente unico del Delta del Po c'è il territorio creato sia dalla sedimentazione del fiume, che dall'opera dell'uomo che nei secoli ne ha regimentato le acque e bonificato i terreni.
Nell'area del Delta, natura, storia, tradizione, cultura ed arte si intrecciano, offrendo al visitatore un paesaggio inedito e sorprendente.
Nel Delta si distinguono vari ambienti, ognuno con caratteristiche peculiari: la campagna con i paleoalvei, le dune fossili, gli argini, le golene, le valli da pesca, le lagune o sacche e gli scanni. Questi elementi del paesaggio si incontrano arrivando da est, scendendo lungo la corrente del Po e quindi seguiremo quest'ordine per addentrarci nel Delta.

2. del Sile

Il Fiume e il territorio

Il fiume è sovente l'elemento unificatore e la vera chiave di lettura delle vicende storiche, economiche, artistiche, tecnologiche, delle vocazioni e dei condizionamenti dei territori che attraversa, dalle sorgenti fino al mare.
L'acqua, quella particolare acqua che scorre in ciascun fiume, è la vera interprete della vita quotidiana: risorsa idrica ed economica, fonte di sussistenza e di reddito, indispensabile ai lavori di tutti i giorni, necessaria alla difesa, grande via di comunicazione. Ma anche il colore del fiume, il suo rumore, la temperatura dell'acqua, la velocità della corrente, il clima che genera, si riflettono nel mondo esterno che brulica tutt'intorno. Il Fiume è padre, madre, fratello, vita, morte, castigo - un dio. E ancora: è voce, ambasciatore, nunzio, presagio. Gli uomini che vivono sulle rive dei fiumi sono simili nel sentire ovunque, a qualsiasi latitudine, a qualsiasi livello di civilizzazione siano giunti. Ogni fiume porta con un destino, scritto nell'acqua. Bisogna parlare con un uomo di fiume, un uomo che vive vicino ad un rivo anche piccolo, per capire quanto la sua storia si innesti in quella del fiume e il fiume viva in lui, con quello che ha di bene e di male, con quello che porta e porterà.

La geologia del Sile

Nel Quaternario, era geologica caratterizzata dall'alternanza di periodi freddi e periodi a clima temperato, gli antichi ghiacciai del Piave e del Brenta trasportavano dalle valli alpine alla pianura trevigiana, sparpagliandole a ventaglio, notevoli quantità di materiale alluvionale. Dopo l'ultima glaciazione, circa 17.000 anni fa, s'era formata una spessa coltre di depositi sedimentari: ghiaie grossolane ed incoerenti all'uscita delle vallate, sabbie con argille fini e compatte verso il mare.

La Storia

I fiumi, dalla comparsa dell'uomo sulla terra, sono stati l'arteria vitale che ha permesso la nascita, l'insediamento e il movimento delle civiltà. Sul fiume è nato il primo mezzo di trasporto ideato dall'uomo, la piroga che ha permesso di iniziare la navigazione, i commerci, le conoscenze con altre culture. Il fiume Sile con l'arco della sua cultura che abbraccia i millenni, è l'emblematica dimostrazione della nascita della civiltà e della cultura veneta.
La straordinaria cultura che si sviluppò sulle sponde del Sile inizia dalla fine dell'Eneolitico per estendersi all'età del bronzo e a quella del ferro. In un ambiente, diverso da quello attuale, fatto di un ampio fiume e di lagune, con isolotti coperti da querce colossali, fiori una cultura palafitticola, di cui si sono trovate cospicue tracce durante gli scavi industriali per l'estrazione di ghiaia.

La Palude

E' sicuramente il biotopo più ricco di specie animali e vegetali che si può incontrare nell'alto corso del Sile. Oggi non ne restano che alcuni, anche se significativi scampoli, mentre un tempo l'estensione della palude era considerevole e costituiva, per gli abitanti dei villaggi limitrofi, un'importante fonte aggiuntiva di reddito. Le bonifiche più rilevanti sono state effettuate dalla colonizzazione veneziana di queste terre, nel 1500; le più recenti si sono concluse negli anni '60, con indubbi vantaggi per la monocoltura estensiva, ma gravi perdite per la complessità e la ricchezza del territorio. Nell'alto corso del Sile cinque sono i siti in cui oggi è presente questo biotopo: le cave delle ex Fornaci di Istrana, la Palude di Morgano, le Buse di Carlesso, la Palude dell'Oasi del Mulino Cervara e quella di Canizzano. Pur essendo simili, presentano fattori di diversità: alcune sono naturali, altre naturalizzate; alcune profonde e allagate, altre semiallagate, o asciutte. In ognuna di esse, tuttavia, può essere osservata la struttura tipica di questa cenosi.

Flora, Vegetazione e Fauna del Sile

L'area del Parco, nonostante la presenza umana, mantiene ancora un discreto livello di naturalità grazie alla presenza lungo il corso del Sile di boschi idrofilo e di una diffusa presenza di polle risorgive. Notevole valore assumono anche i grandi bacini d'acqua creati negli anni '50 dall'escavazione in alveo. Tra questi si citano i due bacini denominati Lago Inferiore a Lago Superiore a Quinto di Treviso e quelli posti al confine tra i comuni di Treviso, Silea e Casier.
In tutti questi ambienti nei vari mesi dell'anno si possono effettuare una serie di osservazioni molto interessanti. Il periodo migliore è costituito dai mesi primaverili ed estivi quando la vegetazione presenta il massimo del suo sviluppo. Anche durante l'inverno però si osservano importanti specie di uccelli che, migrando dal nord Europa, sostano in questi lembi tutelati di Parco.

In primavera l'Oasi di Cervara si copre di un manto vegetale costituito soprattutto da Pioppi, Salici ed Ontani all'interno dei quali si osservano molte specie animali. Tra queste merita ricordare per la sua abbondanza la Rana di lataste, specie endemica della Pianura Padana. Tra gli uccelli invece, i più vistosi sono il Picchio verde ed il Picchio rosso maggiore che nidificano dopo aver costruito i tipici fori nel tronco degli alberi. Una miriade di Passeriformi inoltre frequenta l'area nel periodo delle migrazioni, tra questi i più comuni sono il Luì piccolo, il Luì verde, la Balia nera, il Pigliamosche e molti altri di facile osservazione con l'aiuto del binocolo. Il maggiore contributo alla naturalità dell'area viene portato dalla colonia di aironi (airone cenerino, garzetta e nitticora) che fin dalla istituzione del Parco, attira l'interesse di molti ornitologi e birdwatchers. Alle prime specie, ultimamente si è aggiunto l'airone guardabuoi che sta diffondendosi sempre di più anche in Veneto.
Nel periodo primaverile si osservano anche alcune piante del sottobosco particolarmente degne di nota, tra queste la felce Thelypteris palustris, tipica dei sottoboschi umidi, un tempo frequente nei boschi planiziali padani.

Nel periodo primaverile-estivo è possibile osservare la nidificazione della Folaga, del Tuffetto, della Gallinella d'acqua e del più raro e maestoso Svasso maggiore. Tutte specie nidificanti lungo le rive ed attorno i bacini più ampi del fiume. Tra gli uccelli nidificanti spicca per importanza la nidificazione della Moretta, un'anatra tuffatrice molto rara come nidificante in Italia.
Volgendo lo sguardo lungo le rive del fiume, si possono rilevare assembramenti di Cavedani nonché Tinche e Carpe occupate a svolgere i rituali tipici della riproduzione. Tutto attorno si assiste alla crescita dell'Hippuris vulgaris, una pianta un tempo molto diffusa lungo il Sile ed ora in via di riduzione a causa forse della modificazione dello stato delle acque. Molto gradevoli e delicati sono anche le infiorescenze del Morso di Rana (Hydrocharis morsus-ranae) che si sviluppano nelle acque basse e si mescolano alle foglioline dalla Lemna minor che cresce in abbondanza.

Nei mesi autunnali ed invernali si assiste al fenomeno delle migrazioni degli uccelli ed in particolare di quelli acquatici che sostano nelle aree più aperte ed ampie del fiume.
In questo periodo si osservano Cormorani, Svassi maggiori, Tuffetti ed Anatre come Germano reale, Moriglione, Moretta, Moretta tabaccata, Canapiglia, Alzavola etc. ed una miriade di Gabbiani tra cui il Gabbiano reale e quello comune che fanno sempre da padroni. Non mancano però anche i gabbiani nordici come la Gavina e talvolta perfino lo Zafferano che temporaneamente sostano nell'area.
In certi anni le sponde del Lago si ricoprono di un manto vegetale di color marrone-rossiccio, è l'Azolla filiculoides, una piccola felce acquatica che svolge un fondamentale ruolo nella fitodepurazione delle acque. Si tratta in definitiva di una moltitudine di specie animali e vegetali, che esaltano il grado di naturalità e di biodiversità del Parco e permettono ancora una volta di godere delle bellezze racchiuse lungo il corso del fiume Sile.

3. delle Dolomiti Bellunesi

 

Tipo di ambiente

Ambiente forestale alternato a praterie; presenza di casere

Animali osservabili

Passeriformi di passo (fringuello, peppola, lucherino, verdone, tordo bottaccio, tordo sassello, cesena, ecc.), picchio nero, picchio rosso maggiore, poiana, capriolo, volpe.

Attrezzatura necessaria

Sono consigliati gli scarponi

Note

Per l'osservazione dell'avifauna di passo, si consiglia di sostare con un binocolo in punti panoramici

La Flora

Campanula morettiana

Non vi è dubbio che una delle principali motivazioni scientifiche della nascita del Parco risieda nella grande ricchezza e rarità della flora.
Fin dal 1700 le Vette di Feltre, e anche il M. Serva, godettero di meritata fama e furono visitate da alcuni tra i maggiori botanici del tempo.
La flora vascolare (piante con fiori ed altre, come le felci, dotate di radici, fusto e foglie) ha una consistenza di circa 1.400 entità (1/4 della flora dell'intero territorio nazionale) e tra queste non sono poche quelle che meritano di essere ricordate perché endemiche, rare, o di elevato valore fitogeografico.
La parte più meridionale è la più ricca in quanto meno devastata dalle glaciazioni e sono quindi potute sopravvivere specie antiche.
Molto numerose sono le presenze localizzate di specie rare o che qui si trovano al confine del proprio areale.
Oltre al contingente alpino propriamente detto (e in particolare di quello orientale), boreale ed eurasiatico - temperato, ben rappresentate sono le specie a gravitazione orientale (illiriche, pontiche, sud-est europee) e quelle delle montagne circummediterranee (mediterrraneo-montane).

La Fauna

Camoscio

Le Dolomiti Bellunesi comprendono una grande varietà di ambienti che consente a moltissime specie animali di trovare le condizioni adatte per vivere e riprodursi.
Ben 114 sono le specie di uccelli che nidificano nel Parco, 20 le specie di anfibi e rettili presenti. Oltre 3.000 i camosci e più di 2.000 i caprioli. Quasi 100 le specie di farfalle diurne e circa 50 le specie di coleotteri carabidi.
Esistono anche alcuni importanti endemismi esclusivi (specie che vivono solo qui i tutto il mondo) fra gli insetti che popolano le cavità carsiche. Il grande fascino degli animali di montagna risiede proprio nella loro capacità di vivere in condizioni difficili, spesso estreme. Il gelo invernale, la scarsità di cibo, il vento sferzante e le forti radiazioni solari vengono affrontati grazie a mirabili strategie di adattamento.
Così, ogni ambiente, se osservato con attenzione, ci rivela una grande ricchezza di forme animali, meravigliosa ma spesso invisibile a chi non vi si avvicina con pazienza e rispetto.

Le Montagne

Prati di Salet e Monte Coro

Le Dolomiti Bellunesi, distretto sud-orientale delle Alpi Dolomitiche, costituiscono una complessa catena montuosa che decorre dalle Vette di Feltre alla Schiara e che si affaccia su una delle più grandi vallate alpine (media valle del Piave). La complessità strutturale e la relativa varietà delle rocce si riflettono in una spiccata frammentazione orografica, nella grande varietà di paesaggi e in una notevole diversità biologica.

 

Cadini del Brenton    Lago del Mis   Schiara e Gusela dalla Val Vescovà   Panorama dalla foresteria

4. della laguna veneziana

Tutele e vincoli di protezione della Laguna di Venezia

La laguna di Venezia è uno degli ecosistemi lagunari più estesi (550 Kmq di superficie) e più importanti d'Europa e dell'intero bacino Mediterraneo, un'area umida naturale con un immenso patrimonio biologico, faunistico e floristico e con alcune specie animali e vegetali rare o minacciate d'estinzione.
Ma non solo questo. Forse in nessun altro luogo nel nostro Paese si trovano condensati in modo così eloquente eccellenze archeologiche, architettoniche, naturalistiche e della cultura tradizionale, come nella Laguna di Venezia. E più che altrove qui si percepisce la fragilità e la complessità dell'insieme.
Essa è il risultato della combinazione tra fattori naturali e fattori antropici che storicamente hanno determinato l'assetto attuale; natura e cultura in una combinazione inscindibile e molto spesso virtuosa.
La conservazione della natura nel particolare contesto della laguna veneta deve allora passare attraverso il mantenimento delle attività umane, così come l'obiettivo della sopravvivenza delle comunità lagunari non può prescindere dall'impegno per l'arresto dei processi di degrado ambientale ed il recupero dell'equilibrio dinamico dell'ecosistema lagunare.
L'eccezionale valenza di questo territorio merita di essere valorizzata e protetta.
Tutta l'area lagunare è stata infatti già designata come Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO, individuata quasi interamente come Sito di Importanza Comunitaria e Zona di Protezione Speciale nell'ambito della Rete Natura 2000 dalla Commissione europea, messa sotto tutela dalla Legge speciale dello Stato n°171/73 e successive e indicata come area da sottoporre a tutela paesaggistica e quale area Parco naturale regionale dalla Regione Veneto attraverso il PTRC (ancora vigente) e il PALAV, proposta quale area Ramsar "zona umida di importanza internazionale" e oggetto di numerose proposte di legge per la creazione di un grande Parco naturale ai sensi della Legge nazionale sui parchi n°394/91.
L'istituzione di una vasta area di tutela nella laguna di Venezia segnerebbe una svolta nelle politiche urbanistiche veneziane e rappresenterebbe un fatto di civiltà per l'intera comunità nazionale. E' noto che le istituzioni di governo nazionali si sono interessate alla salvaguardia di Venezia solo per quanto riguarda gli aspetti idraulici (in particolare per la realizzazione della maxi dighe che dovranno servire a sbarrare il mare) e poco o nulla è stato fatto per salvaguardare le funzionalità ecologiche più generali della laguna.

   

SCHEDE DELLE SPECIE NOTEVOLI

Naturalità e biotopi del territorio di Caorle e della bonifica bibionese

 Le profonde trasformazioni ambientali subite dal territorio di Caorle a opera dell’uomo, caratterizzate da un crescendo esponenziale nel corso degli ultimi due secoli, farebbero supporre che la naturalità dell’area avesse subito un drastico ridimensionamento.
In realtà, se questo s’è verificato, s’è comunque trattato di un fenomeno manifestatosi in termini disomogenei, così come disomogenea risulta oggi la fisionomia dell’ambiente caprulano. L’antica naturalità lagunare e palustre ha infatti trovato adeguato rifugio e continuità nel comprensorio vallivo, ma anche lungo i grandi canali della bonifica, anticamente lagunari, nei fossi della stessa campagna di bonifica e ancora, nei residui biotopi propriamente lagunari e in quelli del litorale sabbioso. Una nuova componente naturalistica, di tipo soprattutto faunistico, è stata inoltre spontaneamente introdotta mediante il prosciugamento e la messa a coltura delle grandi distese palustri. Si tratta della fauna delle colture e degli ambienti agrari aperti, nonché di quella legata alle abitazioni rurali sparse e, inoltre, della flora micologica delle pinete litoranee.
Una descrizione della naturalità propria del comprensorio di Caorle e delle bonifiche bibionesi, prescindendo dalle valli da pesca, i cui caratteri naturalistici e d’ambiente saranno oggetto di uno specifico paragrafo, deve dunque riferirsi ai biotopi più significativi dell’area. Questi stessi si distinguono in: biotopi fluviali, biotopi lagunari, biotopi agrari, biotopi complessi.

Biotopi fluviali
Appartengono a questo gruppo l’alveo del canale Nicesolo, il canale dei Lovi, i canali della Litoranea Veneta e il canale  Lugugnana.
Le caratteristiche d’ambiente dei vari biotopi fluviali risultano omogenee. Particolare interesse presentano i canneti di sponda, che nel caso del Nicesolo ospitano autentiche rarità botaniche come l’ibisco litorale (Kosteletzkya pentacarpos) e il lino acquatico (Samolus valerandi), nonché interessanti presenze faunistiche. Tra queste spiccano i pesci, con il cefalo (Mugil cephalus), la cheppia (Alosa fallax nilotica), la spigola (Dicentrarchus labrax) e l’anguilla (Anguilla anguilla); specie la cui densità determina una intensa attività piscatoria professionale e amatoriale.
Di particolare significato ecologico sono inoltre, tra gli uccelli, l’airone rosso (Ardea purpurea), nidificante in colonia, il falco di palude (Circus aeruginosus), il tarabusino (Ixobrychus minutus) e il basettino (Panurus biarmicus), anch’essi nidificanti, oltre a numerose altre specie che si rifugiano in questi stessi biotopi nel corso delle migrazioni.

Biotopi lagunari
Appartengono a questo gruppo gli invasi delle due bocche di porto Porto Baseleghe e Porto Falconera, nonché l’ampia fascia barenicola e palustre della Palude delle Zumelle.
Si tratta dei soli biotopi propriamente lagunari conservatisi nel territorio di Caorle. Come tali essi sono caratterizzati da bassi fondali melmosi, da immissari di acque dolci e da dinamiche idrauliche direttamente correlate con i flussi di marea, oltre che da apparati insulari tipicamente piatti e soggetti alle esondazioni delle maree più elevate.
La dotazione naturalistica delle stesse sacche lagunari e della profonda fascia di barena salmastra della Palude delle Zumelle (autentico transetto dell’antico ambiente lagunare) presentano complessità e livello eccezionali. La componente floristica si caratterizza per la presenza di alofite erbacee e suffruticose (cespugli), tra cui l’endemica salicornia veneta (Salicornia veneta), l’assenzio di laguna (Artemisia coerulescens), la piantaggine di Cornut (Plantago cornuti), il limonio del Caspio (Limonium bellidifolium), il limonio comune (Limonium serotinum), che forma autentiche distese fiorite nel cuore dell’estate, lo sparto di laguna (Spartina marittima) e l’astro di laguna (Aster tripolium).
La componente faunistica risulta caratterizzata da una densa presenza di invertebrati bentonici (vermi, molluschi, crostacei), che attirano migliaia di uccelli in tutte le stagioni. Spicca per importanza, tra gli ambiti lagunari, la sacca di Porto Baseleghe, autentico biotopo d’interesse faunistico continentale per la sosta dei limicoli migratori. Le popolazioni di piovanello pancianera (Calidris alpina), di pivieressa (Pluvialis squatarola), di chiurlo piccolo (Numenius phaeopus) e di beccaccia di mare (Haematopus ostralegus) sono infatti tra le più consistenti dell’Adriatico settentrionale. A queste si aggiungono uccelli piscivori come il beccapesci (Sterna sandvicensis) e la sterna comune (Sterna hirundo) e i fitofagi, rappresentati da concentrazioni di cigno reale (Cygnus olor) fino a 290 individui.
Non meno significativa è, infine, la presenza di pesci lagunari ed eurialini, con specie bentoniche come i gobidi ghiozzetto di laguna (Knipowitschia panizzai) e ghiozzetto cenerino (Pomatoschistus canestrinii).

Biotopi agrari
ppartengono a questo gruppo le risaie del Quarto Bacino di Bibione.
Si tratta di un biotopo agrario del tutto particolare e assimilabile a una palude dolce temporanea, con il vantaggio su questa di una disponibilità trofica assai elevata, soprattutto nelle fasi estreme della semina e del raccolto del riso.
Le stesse risaie del Quarto Bacino, tra l’altro, costituiscono uno degli ultimi esempi di coltura storica legata all’ambiente palustre e di bonifica.
In questo caso l’interesse del biotopo risulta eminentemente faunistico; vi si rinviene infatti una elevata densità di anfibi e in particolare di rana verde (Rana synk. esculenta), nonché una notevole presenza di uccelli. Assai interessante è, ad esempio, la popolazione di folaga (Fulica atra) nidificante, oltre a quella di cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), di garzetta (Egretta garzetta), di airone cenerino (Ardea cinerea) e di airone bianco maggiore (Egretta alba), specie queste ultime che ricercano cibo nelle acque basse.

Biotopi complessi
Appartiene infine a quest’ultimo gruppo il complesso ambientale di Valle Vecchia, che costituisce un mirabile mosaico di biotopi di duna litoranea, di pineta, di bosco igrofilo, di palude dolce e di monocoltura agraria.
L’ambiente di Valle Vecchia assume peraltro un valore emblematico nel contesto territoriale considerato: esso ha costituito, infatti, l’ultimo bacino palustre a essere prosciugato (metà degli anni Sessanta), ma anche il primo a essere interessato da uno specifico intervento di riqualificazione ambientale, mediante rimboschimento ma anche con il riallagamento di alcune superfici agrarie (circa 60 ha complessivi).
Allo stato attuale Valle Vecchia costituisce dunque un esempio unico di diversità ambientale e di compatibilità tra produzione e conservazione, ottenute con l’adozione di soluzioni d’avanguardia come la realizzazione di siepi e di filari arborei, di boschi igrofili, di bacini d’acqua dolce e salmastra, di canneti, nonché di bacini di fitobiodepurazione. Tutto questo alle spalle di un complesso d’ambiente litoraneo formato da arenile sabbioso, dune aperte, avvallamenti interdunali e dune fossili con pineta.
La naturalità di Valle Vecchia risulta pertanto notevolissima, sia per la componente floristica e vegetazionale, sia per la componente faunistica. Tra le specie floristiche spiccano, ad esempio, l’astro spillo d’oro (Aster linorirys), le vedovelle dei prati (Globularia punctata), l’aglio odoroso (Allium suaveolens), il gladiolo palustre (Gladiolus palustris), il falasco (Cladium mariscus), oltre a numerose specie di orchidacee e a specie psammofile come lo zigolo delle sabbie (Cyperus kally) e la soldanella di mare (Calystegia soldanella).
Notevoli, per l’aspetto vegetazionale, sono inoltre i molinieti (formazioni erbacee a Molinia altissima), che ricoprono le depressioni interdunali più vaste.
Per gli aspetti faunistici, con riferimento ai soli vertebrati, va sottolineato il dato relativo alla presenza di circa 240 specie (comprese le sacche lagunari periferiche) nelle quattro stagioni; tra queste circa 200 sono rappresentate da uccelli. Arduo, in questo caso, citare le specie di maggiore interesse; esse comprendono, escludendo l’avifauna, la rana di Lataste (Rana latastei), il rospo comune (Bufo bufo), la vipera comune (Vipera aspis), il toporagno acquatico di Miller (Neomys anomalus), l’arvicola del Liechtenstein (Microtus liechtensteini), il tasso (Meles meles) e la puzzola (Mustela putorius). Tra gli uccelli, infine, le stesse specie notevoli sono decine e decine; si pensi alla moretta tabaccata (Aythya niroca), al fistione turco (Netta rufina) nidificante, alla pernice di mare (Glareola praticola), all’avocetta (Recurvirostra avosetta), al fraticello (Sterna albifrons), al fratino (Charadrius alexandrinus), alla quaglia (Coturnix coturnix), all’averla cenerina (Lanius minor) e alla salciaiola (Locustella luscinioides), tutte nidificanti e a decine di altre ancora.

5.  del Gran Paradiso

 

Geologia

Il gruppo del Gran Paradiso è costituito da rocce di varia età e provenienza. In particolare vi si trova un complesso di gneiss stratificati (rocce metamorfiche derivate da graniti o da dioriti, ancora conservati qua e là). In alcuni casi gli gneiss hanno uno spesso ricoprimento di scisti calcarei variamente metamorfosati, derivati da sedimenti marini dell'era mesozoica. Da segnalare la presenza di ricchi filoni di minerale di ferro in Val di Cogne che ha notevolmente influenzato la vita delle popolazioni della vallata.

Il patrimonio culturale

Villaggi e alpeggi raccontano la lunga storia della civiltà dei pastori. Popolazioni che per centinaia di anni sono vissute autosufficienti su queste montagne, con frequenti contatti con le genti oltr'alpe piuttosto che con le popolazioni della pianura. Le abitazioni del versante piemontese sono costruite interamente di pietra, mentre sul versante aostano si affianca il legno. Il modello più comune, con le dovute varianti a seconda della valle, prevede un edificio in pietra e legno con in basso la stalla, al primo piano l'abitazione e al di sopra il fienile, in modo da mantenere i locali abitativi più al caldo possibile. Il Parco si prefigge anche di valorizzare il patrimonio culturale della montagna e favorirne un certo sviluppo economico compatibile con l'ambiente. 

  

 

Fauna e Flora

Simbolo del Parco, lo stambecco (Capra ibex) è piuttosto confidente e non è difficile osservarlo al pascolo nei prati alpini. I maschi, riconoscibili dalle lunghe corna ricurve, vivono in piccoli gruppi, mentre le femmine, dalle corna più corte, e i piccoli formano branchi separati.
Quasi sempre si ascolta il suo fischio prima di vederla: è la marmotta, un simpatico roditore degli ambienti montani. Con le forti unghie scava lunghe gallerie nel terreno che le consentono di nascondersi all'arrivo di un pericolo e di trascorrere l'inverno in letargo.
Scomparso dal Parco nel 1912, il gipeto (Gypaetus barbatus) sta ritornando sull'arco alpino grazie a un progetto di reintroduzione internazionale. Nella zona nidifica invece un altro grande rapace, l'aquila reale, non poi così difficile da osservare.
Come dice il nome, il crociere (Loxia curvirostra) è caratterizzato dal becco con le punte che si incrociano, peculiarità che gli permette di far leva sulle pigne per estrarne i semi. E' un uccello tipico dei boschi di conifere.
L'unica conifera a perdere gli aghi in autunno, il larice (Larix decidua) è una pianta pioniera, capace di crescere in breve tempo anche sui terreni nudi dell'alta montagna, dove la vegetazione è quasi assente.
Simbolo dell'alta montagna, la stella alpina (Leontopodium alpinum) è diffusa dai 1500 ai 3200 metri di altezza. Piuttosto localizzata, questa pianta è caratterizzata da una soffice peluria che ricopre il lato superiore delle foglie.
Il giglio di monte (Paradisea Liliastrum) è stato scelto come simbolo per il giardino botanico Paradisia di Valnontey (Cogne), un'esposizione all'aperto della flora alpina.

La Storia

Le vicende del Parco sono indissolubilmente legate alla protezione dello stambecco. Già nel 1856 il re Vittorio Emanuele II aveva dichiarato Riserva Reale di Caccia una parte dell'attuale territorio del Parco, salvando in questo modo dall'estinzione lo stambecco che in quegli anni aveva ridotto la sua popolazione a livelli allarmanti. Il re aveva poi formato un corpo di guardie specializzate e fatto costruire sentieri e mulattiere che ancora oggi costituiscono la migliore ossatura viaria per la protezione della fauna da parte dei guardaparco e formano il nucleo dei sentieri escursionistici. Nel 1920 il re Vittorio Emanuele III donava allo Stato italiano i 2.100 ettari della riserva di caccia. affinché vi creasse un parco nazionale. Due anni dopo, il 3 dicembre, veniva istituito il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il primo parco nazionale italiano. L'area protetta fu gestita fino al 1934 da una commissione dotata di autonomia amministrativa. quindi direttamente dal ministero dell'Agricoltura e foreste fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale (subendo purtroppo gravissimi danni durante la guerra) e ancora da un ente autonomo a partire dal 1947. Nel 1991 è stata promulgata una legge quadro sui parchi, uno strumento legislativo indispensabile per regolare la nascita e la vita delle aree protette in Italia, compreso il Parco del Gran Paradiso.

6. dello Stelvio

 

Moltissime specie faunistiche popolano il Parco: ciò non significa che il loro avvistamento sia facile. E' necessaria, infatti, pazienza ed esperienza e. magari, l'aiuto di un accompagnatore. Forse proprio per questo scorgere un meastoso cervo o un timido capriolo costituisce una indimenticabile emozione.   

 Gli animali più "gettonati" sono certamente i grandi ungulati: cervi, caprioli, camosci e stambecchi sono, infatti, i "principi" del Parco. 

Cervio maschio
Cervo (Cervus elaphus) 

Ermellino 
Ermellino (Mustela erminea) 

Molti altri mammiferi (volpi, ermellini, marmotte, scoiattoli, lepri ed altri) popolano prati e boschi tutelati dal Parco. 

 
Aquila reale (Aquila chrysaetos) 

Numerosissimi uccelli trovano nel Parco un habitat ideale: dalla splendida aquila reale al gheppio, dal gufo reale al picchio (rosso e nero), dalla pernice al gallo cedrone e forcello... 
Negli ultimi anni anche il maestoso gipeto può essere osservato, grazie ad un progetto di reintroduzione. 

I fiumi ed i torrenti del Parco ospitano trote e salmerini, mentre negli stagni e nei laghetti alpini possono trovarsi rane e salamandre. 
Anche diversi rettili abitano il Parco: marassi, orbettini e lucertole. 

 

 

LA FAUNA:

Arvicola delle nevi (Microtus nivalis
Camoscio (Rupicapra rupicapra
Capriolo (Capreolus capreolus
Cervo (Cervus elaphus
Donnola (Mustela nivalis
Ermellino (Mustela erminea
Faina (Martes foina
Lepre alpina (Lepus timidus
Lontra (Lutra lutra) (E) 
Lince (Felis lynx) (E) 
Lupo (Canis lupus) (E) 
Marmotta (Marmota marmota
Martora (Martes martes
Orso bruno (Ursus arctos) (E) 
Scoiattolo (Sciurus vulgaris
Stambecco (Capra ibex
Talpa (Talpa europaea
Tasso (Meles meles) ?? 
Volpe (Vulpes vulpes

Aquila reale (Aquila chrysaetos
Corvo imperiale (Corvus corax
Coturnice (Alectoris graeca
Cuculo (Cuculus canorus
Falco pellegrino (Falco peregrinus
Francolino di monte (Tetrastes bonasia
Gallo maggiore o cedrone (Tetrao urogallus
Gallo minore o forcello o Fagiano di monte (Lyrurus tetrix
Gheppio (Falco tinninculus
Ghiandaia (Garrulus glandarius
Gipeto (Gypaetus barbatus
Gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus
Gufo reale (Bubo bubo) 
Nocciolaia (Nucifraga caryocatactes
Pernice bianca (Lagopus mutus
Picchio nero (Dryocopus martius
Picchio rosso maggiore (Dryobates major) 
Poiana (Buteo buteo)
Piviere tortolino (Charadrius morinellus)

 

Se gli animali costituiscono per molti il motivo di una visita al Parco, la vegetazione e la flora rappresentano una bellezza che spesso colpisce e emoziona non meno dell'avvistamento di uno stambecco o di un'aquila. 
I grandi boschi, i pascoli, le distese fiorite fanno infatti comprendere con evidenza la necessità della loro tutela, sia per permetterne il godimento alle future generazioni sia in quanto ambiente perfetto per la fauna alpina.  

Dalla primavera all'autunno, il Parco si riempie di meravigliosi colori e di delicati profumi.  Rododendro, genziana, giglio martagone e rosso, arnica e moltissimi altri sembrano fare a gara per rendere ancora più belli prati e boschi. 

Rododendro  Rododendro (Rhododendron ferrugineum) 

Larice

Larice (Larix decidua) 

Nel Parco convivono diverse specie di conifere, dall'abete rosso al bianco, dal larice al pino, cembro, mugo e silvestre.  

Giglio martagone

Giglio Martagone (Lilium Martagon) 

Vi sono specie floristiche poco note e rare, come la Scarpetta della Madonna, altre notissime e diffuse come la Stella Alpina: ma tutte stupiscono per la loro bellezza e la capacità di vivere in condizioni spesso avverse.  

Forse lo spettacolo più suggestivo è dato dalle grandi distese ricoperte di fiori di moltissime specie, che con i loro colori creano un manto straordinario ai pascoli. 

Genziana di Kock

 

 

Abete bianco (Abies alba)
Abete rosso (Picea excelsa)
Betulla (Betula verrucosa)
Larice comune (Larix decidua)
Ontano bianco (Alnus incana)
Ontano nero (Alnus glutinosa)
Pino cembro o Cirmolo (Pinus cembra)
Pino mugo (Pinus mugo, Pinus montana)
Pino silvestre (Pinus sylvestris