Mago Merlino

 

 

 

Merlino che detta le sue poesie, libro francese del XIII secolo.

 

 

Il mago e chiaroveggente Merlino è uno dei personaggi centrali del ciclo bretone e delle leggende arturiane: fu lui l'artefice della Tavola Rotonda: grazie a un suo incantesimo Uther Pendragon giacque con Igraine e così fu concepito Re Artù; fu ancora lui ad allevare Artù e condurlo fino all'ascesa al trono. Sua allieva (e rivale nelle versioni più recenti dei racconti arturiani) fu Morgana (Morgan Le Fay), un altro personaggio magico importante della tradizione arturiana.

Nella letteratura in lingua gallese vi sono in effetti due diversi personaggi di nome Merlino (Myrddin): Myrddin Wyllt (Merlino il Selvaggio), un pazzo nordico che non ha alcuna relazione specifica con il ciclo di Artù, e Myrddin Emrys (Merlino il Saggio o Caledonensis). La rappresentazione standard di questa figura comparve per la prima volta nella Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth (1136 circa) ed è basata sulla fusione di precedenti figure storiche e leggendarie: Goffredo, infatti, combinò le storie esistenti su Myrddin Wyllt con i racconti su Ambrosio Aureliano per formare la figura che egli chiama Merlino Ambrosio. Fu proprio Goffredo a porre in relazione per la prima volta Merlin con la saga arturiana, di cui Merlino divenne in seguito uno dei personaggi più importanti.

La versione goffrediana di questa figura divenne subito popolare e gli autori successivi ampliarono poi questi elementi così da produrre un'immagine più completa del mago. La sua biografia tradizionale lo vuole figlio di un demone e di una donna mortale che alla nascita ereditò dal padre i suoi poteri[1]. In alcune versioni delle leggende fu il consigliere di Artù fino a che fu imprigionato dall'allieva di cui era innamorato, Viviana (la Dama del Lago), mentre in altre egli se ne andò lontano per vivere felicemente con lei.

Se il pubblico moderno conosce Merlino secondo lo stereotipo del mago buono con cui viene rappresentato, tra l'altro, da Walt Disney (ne La spada nella roccia), molte fonti medievali forniscono di questo personaggio un'immagine ben diversa: egli appare inquietante, calcolatore, imperscrutabile, talvolta persino diabolico.

 

Indice

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·                     1 Evoluzione del personaggio

o                1.1 Il Merlino di Monmouth

o                1.2 Il Merlino di Robert de Boron

o                1.3 Altre fonti medioevali

o                1.4 Interpretazioni moderne

§           1.4.1 Letteratura

§           1.4.2 Cinema

§           1.4.3 Altri riferimenti

·                     2 Curiosità

·                     3 Note

·                     4 Voci correlate

Evoluzione del personaggio

Il Merlino di Monmouth

Una miniatura di Merlino

 

Il Merlino di Goffredo di Monmouth è anzitutto basato su Myrddin Wyllt e Aurelio Ambrosio (una versione altamente inventata, basata su quella storica del signore della guerra romano-britannico Ambrosio Aureliano, V secolo). Il primo non aveva nulla a che fare con Artù. Probabilmente un bardo che divenne pazzo dopo aver visto gli orrori della guerra, avrebbe abbandonato la civiltà per diventare un selvatico nel VI secolo.

Fu Goffredo ad alterare il nome gallese Myrddin (già associato dalla tradizione all'immagine di un bardo dai poteri magici) trasformandolo in Merlin, a quanto pare, per evitare l'assonanza non gradita con il francese merde (secondo il medievalista Gaston Paris. Monmouth fu anche il primo a mettere in relazione Myrddin/Merlino col mondo arturiano, facendone il protagonista di tre libri: Profezie di Merlino[2], Historia Regum Britanniae e Vita di Merlino. Nel secondo di questi volumi, Merlino appare al fianco di Uther Pendragon, padre di Artù. Da questo riferimento di Monmouth il mago entrò in seguito a pieno titolo nelle storie dei cavalieri della Tavola Rotonda.

Nella rappresentazione di Monmouth, Merlino è figlio di uno spirito e di una principessa. Fin da bambino diventa famoso per la sua chiaroveggenza, e viene convocato dal re britannico Vortigern che gli chiede per quale motivo il suo castello continui a crollare ogni volta che viene costruito. Merlino rivela che sotto il castello si trova un lago in cui dormono due draghi (che, metaforicamente, rappresentano i sassoni e i bretoni). Questo episodio veniva riportato anche da Nennio, che nella sua Historia Brittonum (IX secolo) attribuiva la profezia ad Ambrosio Aureliano. Monmouth risolve questa incongruenza un po' artificiosamente, sostenendo (inventando) che "Ambrosius" era uno dei nomi di Merlino (Merlinus Ambrosius)[3]. Goffredo aggiunge poi nuovi episodi che legano Merlino alla storia di Artù e dei suoi predecessori.

Di Merlino Monmouth dice anche che aveva creato Stonehenge come tomba per Aurelio Ambrosio, trasportando i megaliti con un sortilegio dall'Irlanda al Galles; e, cosa fondamentale per le leggende arturiane, che grazie al potere di Merlino di mutar forma, e far mutare forma ad altri, Uther Pendragon poté entrare nel castello di Tintagel con l'aspetto di Gorlois di Cornovaglia, e possedere la moglie di questi, Igerna (ygraine

/Igraine); una notte d'amore "maledetto" in cui, per Monmouth, fu concepito Artù.

Geoffrey si è occupato ancora di Merlino nel suo terzo lavoro, la Vita di Merlino, basata sui racconti riguardanti il Myrddin Wyllt di VI secolo. Tuttavia egli cerca di identificare questo con Merlino Ambrosio[4].

 

Il Merlino di Robert de Boron

Robert de Boron trasse ispirazione dal Merlino di Monmouth per il suo poema Merlino. Sebbene il poema sia andato perduto (con l'eccezione di alcuni versi), molti elementi del Merlino di de Boron sono ancora noti attraverso le romanze derivate dal poema.

Anche in Boron i natali di Merlino sono velati di demoniaco; è infatti generato da una vergine e un diavolo, e destinato a diventare l'Anticristo. Per impedire che questo destino si avveri, la madre fa battezzare il bimbo appena nato, cosa che fa di Merlino un "semi-diavolo", dotato di poteri magici e preveggenza.

Boron fu il primo a enfatizzare il potere di mutare forma di Merlino (che rimase poi nella tradizione per arrivare fino al Merlino disneyano). Rappresentò Merlino anche come un personaggio incline a prendersi gioco del prossimo, e tratteggiò alcune relazioni fra Merlino e un altro elemento centrale di parte della saga arturiana, il Santo Graal.

Altre fonti medioevali

Man mano che il mito arturiano veniva tramandato, elaborato e arricchito, altrettanto si trasformava il personaggio di Merlino, spesso tratteggiato dalle fonti medioevali in modi inconsistenti. Gradualmente egli si trasforma nel consigliere di Artù, e gli aspetti demoniaci del suo personaggio vengono sfumati; ma altre fonti, per esempio il ciclo francese del Lancillotto in prosa, elaborano il personaggio in direzione opposta, arrivando a dire che Merlino non era stato battezzato e che per tutta la vita aveva servito il male.

Sia il Lancillotto in prosa che altre fonti successive introducono un altro tema, ovvero la caduta finale di Merlino, soggiogato dall'amore per una donna che lo convince a donargli i suoi poteri magici in cambio di una notte d'amore, per poi imprigionarlo per sempre in una caverna (o secondo alcune narrazioni, un palazzo invisibile).

Interpretazioni moderne

Letteratura

Gran parte delle opere moderne ispirate al ciclo di Re Artù menzionano anche il Mago Merlino. In questo paragrafo si indicheranno solo quelle che hanno Merlino come protagonista o come personaggio di particolare rilievo.

Cinema

Merlino nella versione Disney

 

 

Fra i film in cui il personaggio di Merlino viene rappresentato in modo più significativo si possono citare i seguenti:

Nel ciclo arturiano, la Tavola Rotonda era il tavolo del castello di Camelot a cui i Cavalieri e Re Artù sedevano per discutere questioni di cruciale importanza per il reame. In alcune versioni, anche il Mago Merlino aveva un posto. Alcune opere del ciclo arturiano attribuiscono la creazione della Tavola Rotonda allo stesso Merlino, ma non mancano altre versioni.

Lo scopo della "tavola rotonda" era quello di evitare conflitti di prestigio. Infatti, non essendoci nessuno a capo-tavola, ogni cavaliere (re compreso) aveva il suo posto uguale a tutti gli altri e anche Re Artù si sentiva come ogni altro cavaliere. L'uso di simili soluzioni per evitare conflitti presso i gruppi Celtici antichi è documentato anche da altre fonti. Secondo la tradizione, un posto alla tavola, detto siège périlleux ("seggio pericoloso") era riservato da Merlino al cavaliere di purissimo cuore destinato a trovare il Graal; chiunque altro vi si sedesse era condannato a morte istantanea. La sedia rimase vuota a lungo, fino a essere occupata da Galahad, figlio illegittimo di Lancillotto.

Dalla tradizione non emerge in modo chiaro ed univoco quanti fossero i cavalieri che sedevano alla Tavola (in alcune versioni della leggenda erano dodici seggi più il seggio periglioso), né alcuna chiara indicazione su quanto fosse grande la tavola o di quale materiale fosse fatta (legno o pietra). Inoltre in alcune leggende viene narrato che fu il padre della Regina Ginevra a donare la tavola ad Artù tra i regali di nozze.

Seggio periglioso

Il Seggio periglioso (Siege perilous, letteralmente seggio pericoloso) è il tredicesimo seggio vacante alla Tavola Rotonda. Esso è stato riservato da Merlino a quell'unico nobile cavaliere che riuscirà nell'impresa di ritrovare il Santo Graal. Perciò chiunque osi sedersi su di esso, senza averne titolo, incorerrà in gravi sventure: dalla morte immediata, all'essere subito inghiottito dentro una voragine che si apre sotto di lui e altre leggende simili (da qui il titolo pericolosità nel sedersi lì). Il cavaliere che alla fine riuscirà a sedersi senza alcun danno sarà, a seconda delle varie versioni della leggenda, o Percival o Sir Galahad.

Ad esempio ne Le Morte d'Arthur di Thomas Malory sarà Sir Galahad a sedervisi la domenica di Pentecoste del 454° anno dalla morte del Cristo.

La "Tavola Rotonda" come spettacolo

Per tutto il Medioevo fu diffusa un tipo particolare di festa chiamata "Tavola Rotonda", una sorta di festa in maschera a tema arturiano. Una delle fonti più antiche riguardo a questa usanza menziona una "Tavola Rotonda" tenuta a Cipro nel 1223 per festeggiare la nomina a cavaliere del figlio di un crociato. Le Tavole Rotonde di questo tipo rimasero intrattenimenti aristocratici piuttosto diffusi in Europa dal XIII al XV secolo. In Aragona, per esempio, la più antica di cui è dato sapere si tenne a Valencia nel 1269, e la più recente a Calatayud nel 1291. Secondo Roger S. Loomis, "Papi e prelati tuonavano contro queste frivolezze costose, pericolose, e talvolta licenziose, e negavano la sepoltura cristiana a coloro che vi prendevano parte".

Questa tradizione arrivò relativamente tardi in Inghilterra. Edoardo I tenne una di queste feste nel 1284 per celebrare la conquista del Galles e molte altre successivamente. Proprio da questa moda deriva il grande tavolo circolare conservato nella Great Hall del Castello di Winchester.

Re Artù

 

 

Una statua di Artù in bronzo con visiera alzata e scudo è tra i cavalieri in lutto alla tomba dell'imperatore Massimiliano I (morto nel 1519), a Innsbruck

Re Artù, figlio di re Uther Pendragon, è un'importante figura delle leggende della Gran Bretagna, dove appare come la figura del monarca ideale sia in pace sia in guerra. È il personaggio principale della Materia di Britannia (anche Ciclo bretone e Ciclo arturiano), anche se c'è disaccordo sul fatto che Artù, o una persona reale su cui il personaggio sia stato ricalcato, sia veramente esistito[1]. Nelle citazioni più antiche che lo riguardano e nei testi in gallese non viene mai definito re, ma dux bellorum ("signore della guerra"). Antichi testi altomedievali in gallese lo chiamano ameraudur ("imperatore"), prendendo il termine dal latino, che potrebbe anche significare "signore della guerra".

Artù figura storica

La storicità di Re Artù è stata a lungo dibattuta dagli studiosi, ma negli anni si è raggiunto un consenso nel ritenere sostanzialmente leggendaria la figura del sovrano. Una scuola di pensiero avanzerebbe l’ipotesi che fosse vissuto nel tardo V secolo o agli inizi del VI secolo, che fosse stato un romano-britannico e che avesse combattuto il paganesimo sassone. I suoi ipotetici quartieri generali si sarebbero trovati in Galles, Cornovaglia, o ad ovest di ciò che sarebbe diventata l’Inghilterra. Ad ogni modo, le controversie sul centro del suo potere e sul tipo stesso di potere che esercitava continuano tutt’oggi.

C’è chi sostiene che la figura di Artù possa coincidere con quella di un certo Riotamo, "re dei Brettoni", attivo durante il regno dell’imperatore romano Antemio. Sfortunatamente, Riotamo è una figura minore di cui sappiamo ancora poco e nemmeno gli studiosi sono in grado di capire se i "bretoni" che comandava erano i britannici o gli abitanti dell’Armorica. Altri studi portano ad identificarlo con Ambrosio Aureliano, un signore della guerra romano-britannico che vinse alcune importanti battaglie contro gli anglosassoni, tra cui la battaglia del Monte Badon.

Altri suggeriscono di identificarlo con Lucio Artorio Casto, un dux romano del II secolo, i cui successi militari in Britannia sarebbero stati tramandati nei secoli successivi. Ufficiale (col rango di praefectus) della VI legione in Britannia, che potrebbe aver guidato un'unità di cavalieri sarmati (provenienti dall’Ucraina meridionale), stanziati a Ribchester, che conducevano campagne militari a nord del vallo di Adriano. Le imprese militari di Casto in Britannia e Armorica (odierna Bretagna) potrebbero essere state ricordate per i secoli successivi e aver contribuito a formare il nucleo della tradizione arturiana, così come le tradizioni portate dagli alano-sarmati. C'è anche chi parla dell'usurpatore romano Magno Massimo.

Un’altra teoria è quella secondo cui il nome di Artù sarebbe in realtà un titolo portato da Owain Ddantgwyn, che sembrerebbe essere stato un re di Rhôs. C’è poi l'ipotesi che egli sarebbe in realtà un re dell’età del bronzo, circa 2300 a.C.: estrarre una spada da una roccia sarebbe infatti una metafora della costruzione di una spada e della sua estrazione dalla forma dopo la fusione.

Altre supposizioni si basano sul fatto che Artù fosse Artuir mac Áedán, figlio di re Áedán mac Gabráin della Dalriada, un signore della guerra scozzese che guidò gli scoti di Dalriada contro i pitti. Secondo questa teoria, Artù avrebbe quindi svolto le sue azioni di guerra soprattutto nella regione tra il Vallo di Adriano e quello di Antonino (area del Gododdin). Per alcuni Artù potrebbe addirittura essere stato lo stesso Áedán mac Gabráin. E c’è chi pensa[2] che Artù avrebbe comandato una coalizione di celti cristiani contro gli invasori pagani, riuscendo a tenerli lontani per un centinaio d’anni circa.

Ad ogni modo, si hanno svariati omonimi, o persone con nomi simili, nella sua generazione e si può pensare che siano poi stati riuniti dalle credenze popolari e tramandati come se fossero un'unica entità. Ed ecco così spuntare Arthnou, un principe di Tintagel (in Cornovaglia), che visse nel VI secolo, oppure Athrwys ap Meurig, re del Morgannwg (odierno Glamorgan) e del Gwent (due aree del Galles). Artù potrebbe quindi essere un semplice collage di tutte queste figure mitologiche o storiche.

Artù figura leggendaria

Il nome Arthu, che come antroponimo risulta storicamente attestato nella Pietra di Artù, in lingua celtica continentale significa orso, simbolo di forza, stabilità e protezione, caratteri anche questi ben presenti in tutta la leggenda[3]. Nella civiltà celtica gli uomini avevano come nome proprio quello di un animale che sceglievano per sottolineare un tratto fisico o caratteriale, e l'orso è l'animale simbolo per eccellenza della regalità. Anche sulla base del suo nome, una scuola di pensiero ritiene che la figura di Artù non abbia nessuna consistenza storica e che si tratterebbe di una semi-dimenticata divinità celtica poi trasformata dalla tradizione orale in un personaggio realmente esistito, come sarebbe accaduto per Lir, dio del mare, divenuto poi re Lear[4]. In gallese la parola arth significa "orso" e tra i celti continentali (anche se non in Britannia) esistevano molte divinità-orso chiamate Artos o Artio. È probabile che queste divinità siano state portate dai Celti in Britannia. Va anche notato che la parola gallese arth, quella latina arctus e quella greca arctos significano "orso". Inoltre, Artù è chiamato l'"Orso di Britannia" da alcuni scrittori. "Arktouros" ("Arcturus" per i Romani), ovvero "guardiano dell'orsa", e "Arturo" in italiano) era il nome che i Greci davano alla stella in cui era stato trasformato Arkas, o Arcade, re dell'Arcadia e figlio di Callisto, che invece era stata trasformata nella costellazione dell'Orsa Maggiore ("Arctus" per i Romani). Altre grafie esistenti del suo nome sono Arzur, Arthus o Artus. L'epiteto di "Pendragon" gli viene invece dal padre, Uther Pendragon.

Antiche tradizioni

La morte di Re Artù, di James Archer (18231904)

 

 

Artù appare per la prima volta nella letteratura gallese: in un antico poema in questa lingua, Y Gododdin (circa 594), il poeta Aneirin (535-600) scrive di uno dei suoi sudditi che lui "nutriva i corvi neri sui baluardi, pur non essendo Artù". Ad ogni modo, questo poema è ricco di inserimenti posteriori e non è possibile sapere se questo passaggio sia parte della versione originale o meno. Possiamo però fare riferimento ad alcuni poemi di Taliesin, che sono presumibilmente dello stesso periodo: The Chair of the Sovereign, che ricorda un Artù ferito; Preiddeu Annwn ("I Tesori di Annwn"), cita "il valore di Artù" e afferma che "noi partimmo con Artù nei suoi splendidi labours"; poi il poema Viaggio a Deganwy, che contiene il passaggio "come alla battaglia di Badon con Artù, il capo che organizza banchetti/conviti, con le sue grandi lame rosse dalla battaglia che tutti gli uomini possono ricordare".

Un'altra citazione è nell'Historia Brittonum, attribuita al monaco gallese Nennio, che forse scrisse questo compendio dell'antica storia del suo paese nell'anno 830 circa. Nuovamente, quest'opera ci descrive Artù come un "comandante di battaglie", piuttosto che come un re. Due fonti distinte all'interno di questo scritto ricordano almeno 12 battaglie in cui avrebbe combattuto, culminando con la battaglia del Monte Badon, dove si dice abbia ucciso, da solo/con una sola mano, addirittura 960 avversari.

Secondo gli Annales Cambriae, Artù sarebbe stato ucciso durante la battaglia di Camlann nel 537.

Appare inoltre in numerose vitae di santi del VI secolo, ad esempio la vita di san Illtud, che alla lettura sembra essere scritta verso il 1140, dove si dice che Artù fosse un cugino di quell'uomo di chiesa. Molte di queste opere dipingono Artù come un fiero guerriero, e non necessariamente moralmente impeccabile come nei successivi romanzi. Secondo la Vita di San Gildas (morto intorno all'anno 570), opera scritta nel XI secolo da Caradoc di Llancarfan, Artù uccise Hueil, fratello di Gildas, un pirata dell'isola di Man.

Attorno al 1100 Lifris di Llancarfan asserisce nella sua Vita di san Cadoc che Artù è stato migliorato da Cadoc. Cadoc diede protezione ad un uomo che aveva ucciso tre dei soldati di Artù, che ricevé del bestiame da Cadoc come contropartita per i suoi uomini. Cadoc glielo portò come richiesto, ma quando Artù prese possesso degli animali, questi furono trasformati in felci. Il probabile scopo originale di questa storia sarebbe quello di promuovere l'accettazione popolare della nuova fede cristiana "dimostrando" che Cadoc aveva poteri magici attribuiti tradizionalmente ai druidi e così intensi da "battere" Artù. Avvenimenti simili sono descritti nelle tarde biografie medioevali di Carannog, di Padern e Goeznovius.

Artù compare anche nel racconto in lingua gallese Culhwch e Olwen, solitamente associata con il Mabinogion: Culhwch visita la corte di Artù per cercare il suo aiuto per conquistare la mano di Olwen. Artù, che è definito suo parente, acconsente alla richiesta e compie le richieste del padre di Olwen, il gigante Ysbaddaden (tra cui la caccia al grande cinghiale Twrch Trwyth). Questo può essere riportato alla leggenda dove Artù è dipinto come il capo della caccia selvaggia, un tema popolare che è ricordato anche in Bretagna, Francia e Germania.

Roger S. Loomis ha elencato questi esempi (Loomis 1972). Gervasio di Tilbury nel XIII secolo e due scrittori XV secolo assegnano questo ruolo ad Artù. Gervasio afferma che Artù e i suoi cavalieri cacciavano regolarmente lungo un antico tratto tra Cadbury e Glastonbury (che è ancora conosciuta come King Arthur's Causeway [2]), e si pensa che lui e la sua compagnia di cavalieri possa essere vista a mezzanotte nella foresta di Brittany o Savoy in Gran Bretagna. Loomis allude a un cenno scozzese nel XVI secolo, e afferma che molte di queste credenze fossero ancora ricorrenti nel XIX secolo al Castello di Cadbury e in diverse parti della Francia. Più tardi parti del Trioedd Ynys Prydein, o Welsh Triads, menzionano Artù e collocano la sua corte a Celliwig in Cornovaglia. Celliwig è stata identificata con la città di Callington dagli anziani antiquari Celtici, ma Rachel Bromwich, l'ultimo editore delle Welsh Triads, afferma che sia in realtà Kelly Rounds, una fortezza nei pressi della parrocchia celtica di Egloshayle.

Il ciclo arturiano

La prima grande popolarizzazione della leggenda di re Artù fu il romanzo di Goffredo di Monmouth Historia Regum Britanniae, un equivalente medievale di best-seller che aiutò a riportare l'attenzione di altri scrittori, come Robert Wace e Layamon, che espanse la novella di Artù. La data dell' Historia è determinata come 1133 da un piccolo gruppo di esperti; ad ogni modo, la data è più normalmente determinata come 1138, come indicano le seguenti citazioni:

Geoffrey rimase a Oxford perlomeno fino al 1151 e durante questo periodo scrisse i suoi due lavori ancora esistenti, Historia regum Britanniae (1136-1138; "History of the Kings of Britain") e Vita Merlini (ca. 1148; "The Life of Merlin"). [senza fonte]

Le spade di Artù

Nel Merlin di Robert de Boron, successivamente ripreso e continuato da Thomas Malory, re Artù ottiene il trono estraendo una spada da una roccia. Nel racconto estrarre la spada è possibile solo a colui che è "il vero re", inteso come l'erede di Uther Pendragon. La spada del racconto è presumibilmente la famosa Excalibur; la sua identità viene infatti resa esplicita nel seguito chiamato Vulgate Merlin Continuation.

Ciò nonostante, in quello che viene chiamato Post-Vulgate Merlin, Excalibur viene donata a re Artù dalla Dama del lago dopo che Artù è già re (Artù ottiene la spada prendendola dalla mano della Dama che esce fuori da un lago e gli porge l'Excalibur). Secondo diverse fonti Artù distrugge la spada estratta dalla roccia mentre sta combattendo contro re Pellinore, per questo Merlino permetterà ad Artù di ottenere la Excalibur dal lago (così come citato in diversi romanzi tra cui King Arthur and His Knights e King Arthur and the legend of Camelot di Howard Pyle e naturalmente molti romanzi moderni basati sulla saga arturiana).

In questa versione la lama della spada è in grado di tagliare qualunque materiale e il suo fodero è in grado di rendere invincibile chiunque lo indossi. Alcune storie narrano che Artù sia riuscito ad estrarre la spada dalla roccia dandogli il diritto a diventare re (e quella spada era Excalibur) ma che l'abbia gettata via una volta che lui, tramite essa, uccise accidentalmente un suo cavaliere. Merlino allora gli consigliò di trovare una nuova lama, cosa che succede quando Artù riceve la spada dalla Dama del lago. Anche questa nuova spada verrà chiamata da Artù "Excalibur" così da avere lo stesso nome della originale e precedente spada.

La spada appare la prima volta con il nome di Caliburn nel racconto di Geoffrey di Monmouth. L'autore afferma che nella battaglia contro Artù "nought might armour avail, but that Caliburn would carve their souls from out them with their blood." ([3]).