Merlino che detta le
sue poesie, libro francese del XIII secolo.
Il mago e chiaroveggente
Merlino è uno dei personaggi centrali del ciclo bretone e delle leggende arturiane:
fu lui l'artefice della Tavola Rotonda: grazie a un suo incantesimo Uther Pendragon giacque con Igraine
e così fu concepito Re Artù; fu ancora lui ad allevare Artù e condurlo fino
all'ascesa al trono. Sua allieva (e rivale nelle versioni più recenti dei
racconti arturiani) fu Morgana (Morgan Le Fay),
un altro personaggio magico importante della tradizione arturiana.
Nella letteratura
in lingua
gallese vi sono in effetti due diversi personaggi di nome Merlino (Myrddin): Myrddin Wyllt (Merlino il
Selvaggio), un pazzo nordico che non ha alcuna relazione specifica con il
ciclo di Artù, e Myrddin Emrys
(Merlino il Saggio o Caledonensis). La
rappresentazione standard di questa figura comparve per la prima volta nella Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth
(1136 circa) ed è
basata sulla fusione di precedenti figure storiche e
leggendarie: Goffredo, infatti, combinò le storie esistenti su Myrddin Wyllt con i racconti su Ambrosio Aureliano per formare la figura che
egli chiama Merlino Ambrosio. Fu proprio Goffredo a porre in relazione
per la prima volta Merlin con la saga arturiana, di cui Merlino divenne
in seguito uno dei personaggi più importanti.
La versione goffrediana di questa figura divenne subito popolare e gli
autori successivi ampliarono poi questi elementi così da produrre un'immagine
più completa del mago.
La sua biografia
tradizionale lo vuole figlio di un demone e di una donna mortale che alla nascita ereditò dal padre i suoi poteri[1].
In alcune versioni delle leggende fu il consigliere di Artù fino a che fu
imprigionato dall'allieva di cui era innamorato, Viviana (la Dama
del Lago), mentre in altre egli se ne andò lontano per vivere felicemente
con lei.
Se il pubblico
moderno conosce Merlino secondo lo stereotipo
del mago buono con cui viene rappresentato, tra l'altro, da Walt Disney
(ne La spada nella roccia), molte fonti
medievali
forniscono di questo personaggio un'immagine ben diversa: egli appare
inquietante, calcolatore, imperscrutabile, talvolta persino diabolico.
Evoluzione del personaggio
Il Merlino di Monmouth
Una
miniatura di
Merlino
Il Merlino di Goffredo di Monmouth
è anzitutto basato su Myrddin Wyllt
e Aurelio Ambrosio (una versione altamente inventata, basata su quella storica
del signore della guerra
romano-britannico
Ambrosio Aureliano, V secolo). Il
primo non aveva nulla a che fare con Artù. Probabilmente un bardo che divenne
pazzo dopo aver visto gli orrori della guerra, avrebbe abbandonato la civiltà per
diventare un selvatico
nel VI
secolo.
Fu Goffredo ad
alterare il nome gallese Myrddin (già
associato dalla tradizione all'immagine di un bardo dai poteri
magici) trasformandolo in Merlin, a quanto pare, per evitare l'assonanza non
gradita con il francese merde (secondo il medievalista
Gaston
Paris. Monmouth fu anche il primo a mettere in
relazione Myrddin/Merlino col mondo arturiano,
facendone il protagonista di tre libri: Profezie
di Merlino[2],
Historia Regum Britanniae e Vita di
Merlino. Nel secondo di questi volumi, Merlino appare al fianco di Uther Pendragon, padre di
Artù. Da questo riferimento di Monmouth il mago entrò in seguito a
pieno titolo nelle storie dei cavalieri della Tavola
Rotonda.
Nella
rappresentazione di Monmouth, Merlino è figlio di uno
spirito e di
una principessa.
Fin da bambino diventa famoso per la sua chiaroveggenza,
e viene convocato dal re britannico Vortigern che gli chiede per quale motivo il suo castello
continui a crollare ogni volta che viene costruito. Merlino rivela che sotto il
castello si trova un lago
in cui dormono due draghi
(che, metaforicamente, rappresentano i sassoni e i bretoni). Questo
episodio veniva riportato anche da Nennio, che nella sua Historia Brittonum (IX secolo)
attribuiva la profezia
ad Ambrosio Aureliano. Monmouth
risolve questa incongruenza un po' artificiosamente, sostenendo (inventando)
che "Ambrosius" era uno dei nomi di Merlino
(Merlinus Ambrosius)[3].
Goffredo aggiunge poi nuovi episodi che legano Merlino alla storia di Artù e
dei suoi predecessori.
Di Merlino Monmouth dice anche che aveva creato Stonehenge
come tomba per
Aurelio Ambrosio, trasportando i megaliti con un sortilegio dall'Irlanda al Galles; e, cosa
fondamentale per le leggende arturiane, che grazie al potere di Merlino di mutar forma,
e far mutare forma ad altri, Uther Pendragon poté entrare
nel castello di Tintagel con l'aspetto di Gorlois
di Cornovaglia, e possedere la moglie di questi, Igerna
(ygraine
/Igraine); una notte
d'amore "maledetto" in cui, per Monmouth,
fu concepito Artù.
Geoffrey si è
occupato ancora di Merlino nel suo terzo lavoro, la Vita di Merlino,
basata sui racconti riguardanti il Myrddin Wyllt di VI secolo. Tuttavia egli cerca di
identificare questo con Merlino Ambrosio[4].
Robert de Boron
trasse ispirazione dal Merlino di Monmouth per il suo
poema Merlino. Sebbene il poema sia andato
perduto (con l'eccezione di alcuni versi), molti elementi del Merlino di de Boron sono ancora noti attraverso le romanze derivate dal poema.
Anche in Boron i natali di Merlino sono velati di demoniaco; è
infatti generato da una vergine e un diavolo, e destinato a diventare l'Anticristo. Per impedire che questo
destino si avveri, la madre fa battezzare il bimbo appena nato, cosa che
fa di Merlino un "semi-diavolo", dotato di poteri magici e
preveggenza.
Boron fu il primo a enfatizzare il potere di mutare forma di
Merlino (che rimase poi nella tradizione per arrivare fino al Merlino
disneyano). Rappresentò Merlino anche come un personaggio incline a prendersi
gioco del prossimo, e tratteggiò alcune relazioni fra Merlino e un altro
elemento centrale di parte della saga arturiana, il Santo Graal.
Man mano che
il mito arturiano veniva tramandato, elaborato e arricchito, altrettanto si
trasformava il personaggio di Merlino, spesso tratteggiato dalle fonti
medioevali in modi inconsistenti. Gradualmente egli si trasforma nel
consigliere di Artù, e gli aspetti demoniaci del suo personaggio vengono
sfumati; ma altre fonti, per esempio il ciclo francese del Lancillotto in prosa, elaborano il
personaggio in direzione opposta, arrivando a dire che Merlino non era stato
battezzato e che per tutta la vita aveva servito il male.
Sia il Lancillotto
in prosa che altre fonti successive introducono un altro tema, ovvero la
caduta finale di Merlino, soggiogato dall'amore per una donna che lo convince a
donargli i suoi poteri magici in cambio di una notte d'amore, per poi
imprigionarlo per sempre in una caverna (o secondo alcune narrazioni, un
palazzo invisibile).
Gran parte delle opere moderne
ispirate al ciclo di Re Artù menzionano anche il Mago Merlino. In questo
paragrafo si indicheranno solo quelle che hanno Merlino come protagonista o come personaggio di
particolare rilievo.
- Nel
racconto a fumetti di Hugo Pratt "Sogno di
un mattino di mezzo inverno", merlino viene svegliato da Oberon, re delle fate, per aiutare Corto Maltese a
salvare l'Inghilterra da uno sbarco tedesco
- Nel
romanzo Un americano alla corte di Re Artù
di Mark Twain, Merlino viene
rappresentato come un imbroglione che si avvale di trucchi sporchi.
- Nel
romanzo di C.S. Lewis Quell'orribile forza (That Hideous Strength, 1946), Merlino (citato come
"Merlin Ambrosius"), rimasto
addormentato per secoli, viene risvegliato per combattere nella battaglia
finale fra il bene e il male (prende le parti del "bene" perché,
come spiega Lewis, al suo tempo la stregoneria non era ancora malvagia).
- Nella reinterpetazione dei miti arturiani di T.H. White, Re in eterno (The Once and
Future King), "Merlyn" soffre del
curioso malanno di vivere procedendo all'indietro nel tempo. Questa
idea viene ripresa nella reinterpretazione del mito arturiano ambientato
ai giorni nostri dei romanzi di Peter David.
- Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley
rappresenta una reinterpretazione dei miti arturiani dal punto di vista
della Fata Morgana (nella tradizione del Grendel di John Gardner). In quest'opera,
"Merlino di Britannia" è un titolo, anziché un nome, una sorta di "re" dei druidi.
In quest'opera Merlino viene anche chiamato Taliesin.
- Nel Ciclo di Pendragon
di Stephen R. Lawhead,
Merlino (tornato al nome gaelico Myrddin) è per
metà di discendenza atlantidea
(attraverso sua madre, la Signora del Lago). Il nesso fra
Merlino e la leggendaria civiltà oceanica viene ripreso anche da Kara Dalkey,
che ha scritto una serie di romanzi per ragazzi in cui Merlino deve
salvare Atlantide, la città sottomarina in cui abita.
- La Trilogia di Merlino di Mary Stewart si rifanno alla
tradizione di Myrddin Emrys.
- T.A. Barron
ha scritto due serie di romanzi su Merlino, rispettivamente sulla sua
gioventù e la sua maturità.
- Nelle Cronache di Camelot
di Jack Whyte,
Merlino (Caius Merlinus
Britannicus) è figlio di un generale romano e di
una principessa dei Pendragon, e cugino di Uther.
- Dorothea Schlegel
e Friedrich Schlegel
scrissero il romanzo La storia del Mago Merlino (Geschichte des Zauberers Merlin), in cui si riprende la versione di
Robert de Boron,
dai cui versi venne tratto.
- "Il
passo di Merlino" e "La foresta di Brocelandia"
di Jean-Louis Fetjaine,
sono i libri che restituiscono una possibilità storica a questo
personaggio.
- Nicolaj Tolstoj, nel suo Merlino e il regno incantato
(1996), tratta di un personaggio forse non proprio omonimo, ma in molti
precedenti associato a Merlino: Taliesin,
un poeta vissuto però successivamente al mondo arturiano (ISBN 88-18-58024-8, ISBN 978-88-18-58024-2).
- Merlino
è anche menzionato nell'ultimo episodio della saga dei Guardiani di Sergej Luk'janenko.
In questa rivisitazione, Merlino è un Grande Mago della Luce, poi passato
alle Tenebre, dotato della Forza Assoluta. Gli viene attribuita la
creazione di numerosi artefatti (oggetti dai poteri magici) tra cui viene
anche menzionata Excalibur. È un personaggio molto saggio e malinconico,
intorno alla cui figura è indirettamente imperniata l'intera vicenda de
"Gli Ultimi Guardiani".
Merlino nella versione Disney
Fra i film in cui il personaggio di
Merlino viene rappresentato in modo più significativo si possono citare i
seguenti:
- In Excalibur
di
John Boorman,
Nicol Williamson
interpreta un Merlino insolito ed eccentrico.
- Nel film King Arthur (2004), che si proponeva di presentare
le vicende di Artù con realismo storico, Merlino è il capo dei Pitti che resistono al potere romano.
- La spada nella roccia, film d'animazione Disney del 1963, rappresenta Merlino secondo lo stereotipo del vecchio mago buono ed
eccentrico, vestito di azzurro e dotato di bacchetta magica e cappello a punta.
La versione Disney, basata sul romanzo omonimo di T.H. White, riprende in chiave umoristica
numerosi temi del personaggio tradizionale di Merlino, tra cui la capacità
di mutare forma, quella di prevedere il futuro (il mago menziona più volte
invenzioni tecnologiche moderne, ricordando poi "che non sono ancora
stati inventati", ad esempio la locomotiva, il quotidiano Times, l'aeroplano, l'elicottero, la televisione...),
e la sua rivalità con Morgana (che nel film Disney viene sostituita da Maga Magò).
- In Merlino, miniserie televisiva di Steve Barron,
Sam Neill
interpreta il Mago durante tutta la sua vita.
- è
apparso anche nel film della DreamWorks Animation
Shrek Terzo
Nel ciclo arturiano, la Tavola Rotonda era il
tavolo del castello di Camelot a cui
i Cavalieri e Re Artù sedevano per discutere questioni
di cruciale importanza per il reame. In alcune versioni, anche il Mago Merlino aveva un posto. Alcune opere
del ciclo arturiano attribuiscono la creazione della Tavola Rotonda allo stesso
Merlino, ma non mancano altre versioni.
Lo scopo
della "tavola rotonda" era quello di evitare conflitti di prestigio.
Infatti, non essendoci nessuno a capo-tavola, ogni cavaliere (re compreso)
aveva il suo posto uguale a tutti gli altri e anche Re Artù si sentiva come
ogni altro cavaliere. L'uso di simili soluzioni per evitare conflitti presso i
gruppi Celtici antichi è documentato anche da
altre fonti. Secondo la tradizione, un posto alla tavola, detto siège périlleux
("seggio pericoloso") era riservato da Merlino al cavaliere di
purissimo cuore destinato a trovare il Graal; chiunque altro vi si sedesse era
condannato a morte istantanea. La sedia rimase vuota a lungo, fino a essere
occupata da Galahad,
figlio illegittimo di Lancillotto.
Dalla tradizione non emerge in modo chiaro ed univoco
quanti fossero i cavalieri che sedevano alla Tavola (in alcune versioni della
leggenda erano dodici seggi più il seggio periglioso), né alcuna chiara
indicazione su quanto fosse grande la tavola o di quale materiale fosse fatta
(legno o pietra). Inoltre in alcune leggende viene narrato che fu il padre
della Regina Ginevra a donare la tavola ad Artù tra i regali di nozze.
Il Seggio periglioso (Siege
perilous, letteralmente seggio pericoloso) è il
tredicesimo seggio vacante alla Tavola Rotonda. Esso è stato riservato da Merlino a quell'unico nobile cavaliere che
riuscirà nell'impresa di ritrovare il Santo Graal. Perciò chiunque osi sedersi
su di esso, senza averne titolo, incorerrà in gravi
sventure: dalla morte immediata, all'essere subito inghiottito dentro una
voragine che si apre sotto di lui e altre leggende simili (da qui il titolo
pericolosità nel sedersi lì). Il cavaliere che alla fine riuscirà a sedersi
senza alcun danno sarà, a seconda delle varie versioni della leggenda, o Percival o
Sir Galahad.
Ad esempio ne
Le Morte d'Arthur di Thomas Malory
sarà Sir Galahad a sedervisi
la domenica di Pentecoste del 454° anno dalla morte del Cristo.
Per tutto il Medioevo fu diffusa un tipo particolare di
festa chiamata "Tavola Rotonda", una sorta di festa in maschera a
tema arturiano. Una delle fonti più antiche riguardo a questa usanza menziona
una "Tavola Rotonda" tenuta a Cipro nel 1223 per festeggiare la nomina a cavaliere
del figlio di un crociato. Le Tavole Rotonde di questo tipo
rimasero intrattenimenti aristocratici piuttosto diffusi in Europa dal XIII al XV secolo. In Aragona, per esempio, la più antica di cui
è dato sapere si tenne a Valencia nel 1269, e la più recente a Calatayud nel
1291. Secondo Roger S. Loomis,
"Papi e prelati tuonavano contro queste frivolezze costose, pericolose, e
talvolta licenziose, e negavano la sepoltura cristiana a coloro che vi
prendevano parte".
Questa tradizione arrivò relativamente
tardi in Inghilterra. Edoardo I tenne una di queste feste nel 1284 per celebrare la conquista del Galles e molte altre successivamente.
Proprio da questa moda deriva il grande tavolo circolare conservato nella Great
Hall del Castello di Winchester.
Una statua di Artù in bronzo con visiera alzata e scudo è tra i
cavalieri in lutto alla tomba dell'imperatore Massimiliano I (morto nel 1519), a Innsbruck
Re Artù, figlio di re Uther Pendragon, è
un'importante figura delle leggende della Gran Bretagna, dove appare come la figura
del monarca ideale sia in pace sia in guerra. È il personaggio principale della Materia di Britannia (anche Ciclo
bretone e Ciclo arturiano), anche se c'è disaccordo sul fatto che
Artù, o una persona reale su cui il personaggio sia stato ricalcato, sia
veramente esistito[1]. Nelle citazioni più antiche che
lo riguardano e nei testi in gallese non viene mai definito re, ma dux bellorum ("signore della guerra").
Antichi testi altomedievali in gallese lo chiamano ameraudur ("imperatore"), prendendo il
termine dal latino, che potrebbe anche significare
"signore della guerra".
La storicità di Re Artù è stata a lungo
dibattuta dagli studiosi, ma negli anni si è raggiunto un consenso nel ritenere
sostanzialmente leggendaria la figura del sovrano. Una scuola di pensiero
avanzerebbe l’ipotesi che fosse vissuto nel tardo V secolo o agli inizi del VI secolo, che fosse stato un romano-britannico e che avesse combattuto
il paganesimo sassone. I suoi ipotetici quartieri
generali si sarebbero trovati in Galles, Cornovaglia, o ad ovest di ciò che sarebbe diventata l’Inghilterra. Ad ogni modo, le controversie
sul centro del suo potere e sul tipo stesso di potere che esercitava continuano
tutt’oggi.
C’è chi
sostiene che la figura di Artù possa coincidere con quella di un certo Riotamo,
"re dei Brettoni", attivo durante il
regno dell’imperatore romano Antemio. Sfortunatamente, Riotamo è una figura minore di cui sappiamo ancora poco e
nemmeno gli studiosi sono in grado di capire se i "bretoni" che
comandava erano i britannici o gli abitanti dell’Armorica. Altri studi portano ad
identificarlo con Ambrosio Aureliano, un signore della
guerra romano-britannico che vinse alcune importanti battaglie contro gli
anglosassoni, tra cui la battaglia del Monte Badon.
Altri suggeriscono di identificarlo con Lucio Artorio Casto,
un dux romano del II secolo, i cui successi militari in
Britannia sarebbero stati tramandati nei secoli successivi. Ufficiale (col
rango di praefectus) della VI legione in Britannia, che potrebbe aver
guidato un'unità di cavalieri sarmati (provenienti dall’Ucraina meridionale),
stanziati a Ribchester,
che conducevano campagne militari a nord del vallo di Adriano. Le imprese militari di
Casto in Britannia e Armorica
(odierna Bretagna) potrebbero essere state
ricordate per i secoli successivi e aver contribuito a formare il nucleo della
tradizione arturiana, così come le tradizioni portate dagli alano-sarmati. C'è
anche chi parla dell'usurpatore romano Magno Massimo.
Un’altra
teoria è quella secondo cui il nome di Artù sarebbe in realtà un titolo
portato da Owain Ddantgwyn, che
sembrerebbe essere stato un re di Rhôs. C’è poi
l'ipotesi che egli sarebbe in realtà un re dell’età del bronzo, circa 2300 a.C.: estrarre
una spada da una roccia sarebbe infatti una metafora della costruzione di una spada e della sua estrazione dalla forma
dopo la fusione.
Altre
supposizioni si basano sul fatto che Artù fosse Artuir mac Áedán,
figlio di re Áedán mac Gabráin
della Dalriada, un signore della guerra scozzese che guidò gli scoti di Dalriada
contro i pitti. Secondo questa teoria, Artù avrebbe
quindi svolto le sue azioni di guerra soprattutto nella regione tra il Vallo di Adriano e quello di Antonino (area del Gododdin).
Per alcuni Artù potrebbe addirittura essere stato lo stesso Áedán mac Gabráin.
E c’è chi pensa[2] che Artù avrebbe comandato una
coalizione di celti cristiani contro gli invasori pagani, riuscendo a tenerli lontani per un
centinaio d’anni circa.
Ad ogni modo,
si hanno svariati omonimi, o persone con nomi simili, nella sua generazione e
si può pensare che siano poi stati riuniti dalle credenze popolari e tramandati
come se fossero un'unica entità. Ed ecco così spuntare Arthnou,
un principe di Tintagel (in Cornovaglia), che visse nel VI secolo, oppure Athrwys ap Meurig,
re del Morgannwg
(odierno Glamorgan) e
del Gwent (due
aree del Galles). Artù potrebbe quindi essere un semplice collage di
tutte queste figure mitologiche o storiche.
Il nome Arthu, che come antroponimo
risulta storicamente attestato nella Pietra di Artù, in lingua celtica continentale significa orso, simbolo di forza, stabilità e protezione,
caratteri anche questi ben presenti in tutta la leggenda[3]. Nella civiltà celtica gli uomini avevano come
nome proprio quello di un animale che sceglievano per sottolineare un tratto
fisico o caratteriale, e l'orso è l'animale simbolo per eccellenza della
regalità. Anche sulla base del suo nome, una scuola di pensiero ritiene che la
figura di Artù non abbia nessuna consistenza storica e che si tratterebbe di una
semi-dimenticata divinità celtica poi trasformata dalla tradizione orale in un personaggio
realmente esistito, come sarebbe accaduto per Lir, dio del mare, divenuto poi re Lear[4]. In gallese la parola arth
significa "orso" e tra i celti continentali (anche se non in
Britannia) esistevano molte divinità-orso chiamate Artos o Artio. È
probabile che queste divinità siano state portate dai Celti in Britannia. Va anche notato che la parola
gallese arth, quella latina arctus
e quella greca arctos
significano "orso". Inoltre, Artù è chiamato l'"Orso di
Britannia" da alcuni scrittori. "Arktouros"
("Arcturus" per i Romani), ovvero
"guardiano dell'orsa", e "Arturo" in italiano) era il nome che
i Greci davano alla stella in cui era stato trasformato Arkas,
o Arcade, re dell'Arcadia e figlio di Callisto,
che invece era stata trasformata nella costellazione dell'Orsa Maggiore ("Arctus" per i Romani). Altre grafie esistenti del suo
nome sono Arzur, Arthus
o Artus. L'epiteto di "Pendragon"
gli viene invece dal padre, Uther Pendragon.
La morte di
Re Artù, di James Archer (1823 – 1904)
Artù appare per la prima volta nella
letteratura gallese: in un antico poema in questa lingua, Y Gododdin
(circa 594), il poeta Aneirin (535-600) scrive di uno dei suoi sudditi che
lui "nutriva i corvi neri sui baluardi, pur non essendo Artù". Ad
ogni modo, questo poema è ricco di inserimenti posteriori e non è possibile
sapere se questo passaggio sia parte della versione originale o meno. Possiamo
però fare riferimento ad alcuni poemi di Taliesin,
che sono presumibilmente dello stesso periodo: The Chair
of the Sovereign, che ricorda un Artù ferito;
Preiddeu Annwn
("I Tesori di Annwn"),
cita "il valore di Artù" e afferma che "noi partimmo con Artù
nei suoi splendidi labours"; poi il poema Viaggio
a Deganwy,
che contiene il passaggio "come alla battaglia di Badon
con Artù, il capo che organizza banchetti/conviti, con le sue grandi lame rosse
dalla battaglia che tutti gli uomini possono ricordare".
Un'altra
citazione è nell'Historia Brittonum,
attribuita al monaco gallese Nennio, che
forse scrisse questo compendio dell'antica storia del suo paese nell'anno 830 circa. Nuovamente, quest'opera ci
descrive Artù come un "comandante di battaglie", piuttosto che come
un re. Due fonti distinte all'interno di questo scritto ricordano almeno 12
battaglie in cui avrebbe combattuto, culminando con la battaglia del Monte Badon,
dove si dice abbia ucciso, da solo/con una sola mano, addirittura 960
avversari.
Secondo gli Annales Cambriae,
Artù sarebbe stato ucciso durante la battaglia di Camlann
nel 537.
Appare inoltre in numerose vitae di santi
del VI secolo, ad esempio la vita di san Illtud, che
alla lettura sembra essere scritta verso il 1140, dove si dice che Artù fosse un
cugino di quell'uomo di chiesa. Molte di queste opere dipingono Artù come un
fiero guerriero, e non necessariamente moralmente impeccabile come nei
successivi romanzi. Secondo la Vita di San Gildas
(morto intorno all'anno 570), opera scritta nel XI secolo da Caradoc di Llancarfan,
Artù uccise Hueil,
fratello di Gildas, un pirata dell'isola di Man.
Attorno al 1100 Lifris di Llancarfan
asserisce nella sua Vita di san Cadoc
che Artù è stato migliorato da Cadoc. Cadoc diede protezione ad un uomo che aveva ucciso tre dei
soldati di Artù, che ricevé del bestiame da Cadoc
come contropartita per i suoi uomini. Cadoc glielo
portò come richiesto, ma quando Artù prese possesso degli animali, questi
furono trasformati in felci. Il probabile scopo originale di questa storia
sarebbe quello di promuovere l'accettazione popolare della nuova fede cristiana "dimostrando" che Cadoc aveva poteri magici attribuiti tradizionalmente ai druidi e così intensi da
"battere" Artù. Avvenimenti simili sono descritti nelle tarde
biografie medioevali di Carannog,
di Padern e Goeznovius.
Artù compare anche nel racconto in
lingua gallese Culhwch e Olwen,
solitamente associata con il Mabinogion:
Culhwch visita la corte di Artù per cercare il suo
aiuto per conquistare la mano di Olwen. Artù,
che è definito suo parente, acconsente alla richiesta e compie le richieste del
padre di Olwen, il gigante Ysbaddaden
(tra cui la caccia al grande cinghiale Twrch Trwyth). Questo può essere riportato alla leggenda dove
Artù è dipinto come il capo della caccia selvaggia, un tema popolare che è
ricordato anche in Bretagna, Francia e Germania.
Roger S. Loomis
ha elencato questi esempi (Loomis 1972). Gervasio di Tilbury nel XIII secolo e due scrittori XV secolo assegnano questo ruolo ad Artù.
Gervasio afferma che Artù e i suoi cavalieri cacciavano regolarmente lungo un
antico tratto tra Cadbury e Glastonbury
(che è ancora conosciuta come King Arthur's Causeway [2]), e si pensa che lui e la sua
compagnia di cavalieri possa essere vista a mezzanotte nella foresta di Brittany o Savoy in Gran
Bretagna. Loomis allude a un cenno scozzese nel XVI secolo, e afferma che molte di queste
credenze fossero ancora ricorrenti nel XIX secolo al Castello di Cadbury e in diverse parti della Francia. Più tardi parti
del Trioedd Ynys Prydein, o Welsh Triads,
menzionano Artù e collocano la sua corte a Celliwig
in Cornovaglia. Celliwig
è stata identificata con la città di Callington
dagli anziani antiquari Celtici, ma Rachel Bromwich,
l'ultimo editore delle Welsh Triads, afferma
che sia in realtà Kelly Rounds,
una fortezza nei pressi della parrocchia
celtica di Egloshayle.
La prima grande popolarizzazione
della leggenda di re Artù fu il romanzo di Goffredo di Monmouth
Historia Regum Britanniae,
un equivalente medievale di best-seller che aiutò a riportare
l'attenzione di altri scrittori, come Robert Wace e Layamon, che
espanse la novella di Artù. La data dell' Historia
è determinata come 1133 da un piccolo gruppo di esperti; ad
ogni modo, la data è più normalmente determinata come 1138, come indicano le seguenti citazioni:
Geoffrey rimase a Oxford perlomeno fino al 1151 e durante questo periodo scrisse i
suoi due lavori ancora esistenti, Historia regum Britanniae (1136-1138; "History
of the Kings of Britain")
e Vita Merlini (ca. 1148; "The Life of Merlin"). [senza fonte]
Nel Merlin di Robert de Boron,
successivamente ripreso e continuato da Thomas Malory,
re Artù ottiene il trono estraendo una spada da una roccia. Nel racconto estrarre
la spada è possibile solo a colui che è "il vero re", inteso come
l'erede di Uther Pendragon. La
spada del racconto è presumibilmente la famosa Excalibur; la sua identità viene infatti
resa esplicita nel seguito chiamato Vulgate Merlin Continuation.
Ciò
nonostante, in quello che viene chiamato Post-Vulgate Merlin, Excalibur
viene donata a re Artù dalla Dama del lago dopo che Artù è già re (Artù
ottiene la spada prendendola dalla mano della Dama che esce fuori da un lago e
gli porge l'Excalibur). Secondo diverse fonti Artù distrugge la spada estratta
dalla roccia mentre sta combattendo contro re Pellinore,
per questo Merlino permetterà ad Artù di ottenere la Excalibur dal lago (così
come citato in diversi romanzi tra cui King Arthur and His
Knights e King Arthur and the legend of Camelot di Howard Pyle e
naturalmente molti romanzi moderni basati sulla saga arturiana).
In questa versione la lama della
spada è in grado di tagliare qualunque materiale e il suo fodero è in grado di
rendere invincibile chiunque lo indossi. Alcune storie narrano che Artù sia
riuscito ad estrarre la spada dalla roccia dandogli il diritto a diventare re
(e quella spada era Excalibur) ma che l'abbia gettata via una volta che lui,
tramite essa, uccise accidentalmente un suo cavaliere. Merlino allora gli
consigliò di trovare una nuova lama, cosa che succede quando Artù riceve la
spada dalla Dama del lago. Anche questa nuova spada
verrà chiamata da Artù "Excalibur" così da avere lo stesso nome della
originale e precedente spada.
La spada
appare la prima volta con il nome di Caliburn
nel racconto di Geoffrey di Monmouth. L'autore afferma che nella battaglia
contro Artù "nought
might armour avail, but that Caliburn would carve
their souls from out them with their blood." ([3]).