La data di fondazione dell'università è incerta e potrebbe essere avvenuta a più riprese in diverse occasioni, ma esistono prove della presenza di un centro di studio e insegnamento almeno a partire dal 1096. Quando Enrico II d'Inghilterra proibì agli studenti inglesi di studiare all'Università di Parigi nel 1167, Oxford cominciò a crescere molto rapidamente. La fondazione della prima delle residenze per gli studenti, che più tardi presero il nome di 'colleges', risale a tale periodo o negli anni successivi. A seguito dell'uccisione di due studenti accusati di aver commesso dei crimini nel 1209, l'università fu smantellata, dando origine alla fondazione dell'Università di Cambridge. Il 20 giugno 1214 l'università torno ad Oxford con uno statuto negoziato da Nicholas de Romanis, un legato papale.
Oxford è un'università di tipo collegiale: le centrali funzioni dell'università sono i dipartimenti e le facoltà, biblioteche e laboratori scientifici, e 39 college e 7 permanenti corridoi privati (PPHs). Tutti gli insegnanti e gli studenti laureati devono appartenere a uno dei college (o PPHs). Questi college non sono solo case di residenza, ma hanno sostanziale importanza per l'insegnamento dei laureati di primo livello e di secondo livello. Alcuni college accettano solo laureati di secondo livello. Solo uno dei college St Hilda's, accetta solo donne (sebbene diversi colleges religiosi accettino solo uomini).
L'organizzazione collegiale deriva dalla nascita dell'università tramite l'accorpamento progressivo di Istituti indipendenti presenti nella cittadina di Oxford.
Leonardo Fibonacci
L’invenzione dello zero
I medici del Medioevo, lo si sa,
sono più uomini di libro che di sperimentazione. E hanno dei problemi con
l’anestesia, che pure hanno inventato. Gli uomini e i medici dell’antichità non
si preoccupavano delle sofferenze dei pazienti, quelli del Medioevo sì. Ma come
si vede nella storia del medico Mazzeo della Montagna di Salerno, raccontataci
dal Boccaccio, e nella Chirurgia magna di Guy de Chauliac (1363), i
chirurghi osano raramente praticare un’anestesia totale per il timore che il
paziente non si risvegli dopo la narcosi. Anche il grande Paracelso, che alla
fine del Medioevo utilizza sulle galline un nuovo anestetico superiore,
l’etere, non osa applicarlo sull’uomo.
Attorno al libro, alla scrittura e al far di conto, fanno la loro comparsa altre invenzioni modeste, e pure decisive. È eccezionale, ad esempio, il caso dei numeri arabi e dello zero, che permisero di compiere le operazioni matematiche in maniera infinitamente più semplice di quanto non avvenisse con i numeri romani (composti da lettere). Colui che diffuse in Italia, e poi nel resto della cristianità, i numeri che gli Arabi avevano mutuato dall’India, loro luogo d’invenzione, è un italiano, il pisano Leonardo Fibonacci, il cui Liber abaci (scritto nel 1202, ma redatto nella stesura definitiva nel 1208) segna la data dell’apparizione in Occidente della numerazione cosiddetta araba. E colui che la diffuse – e che può essere chiamato a buon diritto inventore – non solo non è anonimo, ma è un genio matematico che testimonia del ruolo avuto dagli Arabi nei progressi intellettuali e scientifici dell’Occidente. Fibonacci era figlio di un impiegato della dogana di Bugia, presso Algeri, ed è proprio dai colleghi di lingua araba di suo padre che apprese il loro sistema
“Vecchi coniugi in cammino verso la fontana della giovinezza”