Estinto il delfino bianco dello Yangtze
pubblicato: giovedì 14 dicembre 2006 da lumachina in: Animali Asia
Si sono estinti i delfini bianchi (Lipotes vexillifer) dello Yangtze, il più inquinato fiume cinese.
Nel mondo, si estinguono circa 60
specie ogni giorno, ma la maggior parte di esse passa inosservata e non
raggiunge gli onori delle cronache. Dei delfini però parlano anche al TG.
August Pfluger,
leader di un gruppo di ecologisti che ha navigato sul fiume per sei settimane
senza riuscire a vedere neanche un delfino, ammette la sconfitta. La pesca e il
traffico fluviale hanno fatto scomparire i “baiji”.
Gli scienziati credono che il baiji sia uno dei mammiferi più antichi di acqua dolce. Nuotava da 20 milioni di anni nel suo ambiente. Gli
ecologisti ritengono che al fiume restino solo 3 anni ancora da vivere, prima
di diventare una locuzione geografica priva di animali.
Delle otto specie regolarmente presenti in Mediterraneo, due
sono classificate come in altissimo pericolo di estinzione, altre due come
vulnerabili (alto pericolo di estinzione) e di ben quattro non ci sono dati
sufficienti per decidere.
In Adriatico l’unica specie regolarmente presente è il
tursiope (Tursiops truncatus),
cioè il delfino più conosciuto, il classico flipper dei telefilm e di tanti
delfinari. La popolazione di tursiopi in Mediterraneo è considerata vulnerabile,
cioè come detto ad alto rischio di esntizione. E in
Adriatico la situazione è ancora peggiore. Infatti i
compilatori del report sottolineano che se la popolazione di delfini tursiopi
dell’Adriatico fosse considerata separatamente essa sarebbe catalogata come Endangered, cioè ad altissimo rischio di estinzione.
I dati infatti mostrano un declino dei delfini in
Adriatico, intenso e rapido: si parla di una riduzione del 50%, negli
ultimi 50 anni.
A rendere il quadro un po’ meno preoccupante è l’idea che il declino sia stato
causato anche, almeno fino agli ’70-80 da una vera e
propria “caccia al delfino”. Questo mammifero veniva infatti
visto come un competitore che predava le stesse specie di pesci che noi
mangiamo, così veniva attivamente cacciato e ucciso come si fa per le specie
“infestanti”. Al punto che nel 1939 il Ministero per l'Agricoltura e le Foreste
emanò il Decreto di cui vi ho parlato in un vecchio post. Questo Decreto ora
non esiste più e i Cetacei sono tutti, a diversi livelli, specie protette. Ma
ancora molte minacce ne mettono in pericolo la sopravvivenza: la riduzione
delle loro prede a causa di una pesca eccessiva, il progressivo degradarsi dei
loro ambienti naturali (inquinamento, cambiamenti climatici), le catture
accidentali in attrezzi da pesca.
Molto lavoro c’è ancora da fare, per salvaguardare questi nostri amici
adriatici.
Sul sito del WWF si scoprono innumerevoli
specie a rischio estinzione.
Sei delle sette specie di tartarughe marine sono nella lista nera
e tutto fa credere che le cose non stiano affatto per migliorare.
Nel Pacifico questi animali marini sono in serio pericolo, mentre nel
Mediterraneo il numero di esemplari rimasti ha subito un calo vertiginoso.
Tutte e sette le specie sono
elencate nell’allegato uno della convenzione sul commercio internazionale delle
specie di fauna e flora selvatica minacciate di estinzione. Il commercio
internazionale di tartarughe marine è vietato da 166 Paesi.
Tre delle sette specie attualmente esistenti sono classificate sulla lista
rossa degli animali che si stanno estinguendo.
Se ci pensate è paradossale:
le tartarughe sembrano avere il potenziale per riprodursi
largamente, dal momento che le femmine possono generare centinaia di uova in
una stagione di nidificazione. Ma anche in condizioni naturali, sono solo pochi
giovani esemplari a sopravvivere al loro primo anno di vita. Predatori come
granchi, volpi, uccelli spesso uccidono i piccoli nella loro corsa verso il
mare, molti altri una volta raggiunta l’acqua sono preda dei pesci.
Come può l’uomo peggiorare la
già difficile lotta alla sopravvivenza delle tartarughe?
Innanzitutto disturbando la nidificazione sulle spiagge, raccogliendo le uova,
degradando l’habitat riproduttivo ideale.
Poi, considerando che per raggiungere la maturità una tartaruga impiega
decenni, immaginate tutti gli ostacoli cui va incontro nel mare: reti dei
pescatori, inquinamento, malattie. Tutte problematiche che impediscono di
raggiungere l’età della maturità e della riproduzione, mettendo l’intera razza
a rischio. Sono poche le tartarughe che vivono abbastanza a lungo da
riprodursi.
Una tartaruga viva
vale più di una morta: perchè le
tartarughe sono così importanti?
Per il mantenimento degli equilibri e dell’ecosistema marino:
le tartarughe
si nutrono degli organismi che si ammassano nelle alghe galleggianti, e sono a
loro volta pasto dei predatori del mare. La loro scomparsa potrebbe avere
effetti deleteri di ampia portata in mare aperto e negli ecosistemi marini.
Inoltre, funzionano da trasportatori di nutrienti biologici,
durante il loro lungo viaggio dal mare alle spiagge della riproduzione.
L’energia contenuta nelle uova proviene dall’ambiente marino: attraverso questi
esemplari, la salute degli oceani e degli ecosistemi a terra sono direttamente
collegate.
A livello economico, la
salvezza di questa specie, ha ulteriori riscontri. Le comunità costiere nei
Paesi in via di sviluppo, usano la tartaruga come fonte di cibo. Inoltre,
la sua scomparsa provocherebbe la scomparsa d alcune specie di predatori marini
e pesci, su cui si fonda l’economia locale.
Negli ultimi anni le tartarughe sono anche divenute fonte di ecoturismo,
attirando molta attenzione e di conseguenza investimenti per la loro tutela.
Ora, quando ascoltiamo che
una specie è in via d’estinzione, pensiamo che dietro alla sua scomparsa non c’è la semplice morte di una razza animale, ma tutta una
serie di processi che ci coinvolgono più o meno direttamente.
Ogni animale, anche il più piccolo, contribuisce a mantenere i già precari
equilibri di cui godiamo noi per sopravvivere. Condannando gli animali,
condanniamo l’uomo all’estinzione. Siamo così ciechi e sordi da non avere
alcuna voglia di salvare nemmeno la nostra di specie?
Il panda è il simbolo della pace in Cina, oltre che del WWF
essendo specie in estinzione.
Il panda gigante è un
grosso orso bianco e nero con un muso
buffo a causa delle macchie nere attorno agli occhi, che sono
rotondi, enormi, e di un colore scurissimo e vellutato.
E’ lungo 120/150
centimetri, dal peso che varia dai 75 ai 160 Kg. Può raggiungere i trenta anni di vita.
La maggior parte del torace
e del muso è bianca; sono invece nere la schiena, le orecchie e le zampe e il
suo mantello.
Quando è in pericolo si
arrampica sugli alberi, così le parti nere della pelliccia si confondono con i
tronchi scuri dell’albero.
Non ha una buona vista,
mentre le mascelle sono talmente potenti da triturare il metallo.
La zampa del panda è
costituita da cinque dita più il pollice, un sesto dito che è in realtà un osso
del polso modificato: questo osso con l’evoluzione si è allungato e
ingrandito, ed è dotato di muscolatura propria.
Quando il panda gigante fu
visto per la prima volta in Cina, gli scienziati pensarono di inserirlo con il
panda rosso nella famiglia dei procioni. Ma confrontando i geni tra
specie lo hanno collocato nella famiglia degli orsi.
I panda giganti vivono
nelle foreste di bambù sulle
montagne, tra i 1800 e i 3000 metri d’altitudine nella Cina occidentale; il
bambù raramente cresce oltre i 3500 metri così
non cerca di andare più in alto. In questi luoghi si trovano foreste temperate,
con vegetazione sempreverde. Il clima è generalmente' umido e freddo' e sono generalmente territori aspri e inaccessibili.
E' classificato come
carnivoro predatore, ma si differenzia dalla maggior parte degli altri
carnivori, perché paradossalmente non mangia carne; è teoricamente
onnivoro come i suoi parenti orsi. In pratica si nutre esclusivamente di bambù, che rappresenta il 99% della
sua dieta.
Ne consuma oltre i 15 Kg al
giorno. Non disdegna cibarsi di piccoli animali quali lucertole, pesci e
roditori, e sono anche ghiottissimi di latte. Il debole apporto energetico di
una dieta così povera spiega perché il panda è costretto a mangiare tutto il giorno.
Per non riempirsi inutilmente
il panda seleziona quello che mangia, esso predilige le foglie e gli steli di
bambù.
Quando mangia
generalmente sta seduto;
non si arrampica sugli alberi per procurarsi il cibo, bensì per riposare o,
altre volte, per mandare richiami ai suoi simili.
I panda sono
veramente in pericolo, la popolazione conta solo poco più di 1000 individui
molto isolati. La minaccia più grande per i panda è la deforestazione del
suo habitat e il bracconaggio. Questi animali non si riproducono
sufficientemente in cattività. Negli zoo cinesi ne sono però presenti 110-120
esemplari.