Le ninfe (dalla parola greca nymfe “fanciulla futura sposa”) erano delle creature deliziose: fanciulle giovani e belle che vivevano in mezzo alla natura, simboli della forza vitale della natura nelle sue manifestazioni più piacevoli e più amichevoli verso l’uomo; alcune ninfe erano immortali, altre mortali ma dotate di una vita molto lunga. Eleganti, flessuose, vestite di lunghe tuniche ariose, spesso si divertivano improvvisando danze e giochi, e intrecciando romantiche storie d’amore con gli dei e con gli abitanti dei boschi.
In tutto il mondo greco venivano adorate
proprio come dee, ma non in pubblico; si facevano alle ninfe offerte in privato
(latte, miele, olio, ghirlande di fiori) per ottenere la loro benevolenza:
avevano potere di indovinare il futuro, erano ispiratrici, guaritrici, e
offrivano protezione alle donne durante il parto.
Le ninfe erano distinte a seconda del
luogo in cui vivevano: le ninfe Oceanine
o Malie o Nereidi dimoravano
nel mare; le Oreadi
o Orestiadi
nelle montagne e nelle grotte; le Naiadi
nelle acque sorgive, le Potamidi nei fiumi e le Limniadi
nelle acque ferme, come i laghi; le Napee nelle
valli e nei boschetti; le Driadi
nelle foreste, e le Amadriadi
ognuna in un singolo albero. La durata della loro vita dipendeva anche dal
luogo che le ospitava: le Nereidi per esempio erano immortali, come le acque
degli oceani; le Naiadi erano mortali: la loro vita si estingueva così come si
estingue una sorgente; le Amadriadi avevano lunga vita, proprio come gli
alberi, ma alla morte dell’albero ospitante morivano anch’esse (e questo
succedeva anche se l’albero veniva abbattuto: infatti si dice che il culto per
le Amadriadi nacque e fu diffuso con l’intento di insegnare il rispetto per la
vita delle piante).
Le Nereidi, figlie del vecchissimo dio del
mare Nereo e di Doride, erano ben cinquanta, e
vivevano nella profondità dell’oceano o in grotte splendenti d’oro; giocavano
con le onde, cavalcavano cavalli marini e delfini, aiutavano marinai e
viaggiatori; tra di esse sono famose Teti, la
madre dell’eroe Achille; Galatea,
che rifiutò l’amore del tremendo Polifemo; Anfitrite,
la sposa di Poseidone, che viaggiava su un cocchio
trainato da tritoni; Calipso,
l’amante dell’eroe Ulisse che per ben sette anni fu trattenuto dalle sue grazie
(Calipso lo liberò su ordine di Zeus, ma morì di dolore poco dopo la sua
partenza).
Altre Nereidi meno famose furono Eunice (“buona
vittoria”), Alie
(“del mare”), Eulimene
(“buon porto, buon approdo”), Agave
(“splendida”), Melite
(“miele, dolce come il miele”), Ione
(“che va, che si muove”), Eudore
(“bel dono”), Nesea
(“dell’isola”), Actea
(“sambuco”), Alimede
(“delle acque salate, del mare”), Eucrante (“buona
mescolanza”), Evagore
(“che vaga”), Dinamene
(“forte, vitale”), Ceto
(“pesce, creatura delle acque”).
Alcune ninfe sono note per le loro vicende
sentimentali che, come al solito, erano spesso complicate e travagliate;
per esempio Aretusa,
una Naiade, fu perseguitata da un antico dio del fiume, Alfeo:
chiese aiuto ad Artemide che per salvarla la trasformò in una fonte. Salmace
si innamorò di Ermafrodito, giovane e bellissimo figlio di Afrodite ed Ermes,
ma fu respinta; la ninfa un giorno, mentre il ragazzo faceva il bagno nel lago
a lei dedicato, gli si avvinghiò strettamente e pregò gli dei di non essere
mai più separata da lui: i due vennero allora fusi in un unico essere,
dotato di entrambi i sessi (ancora oggi il termine ermafrodito si usa in botanica per parlare
delle piante che hanno gli organi di entrambi i sessi). Echenaide
(che veniva chiamata anche Nomia) fece invece perdere la testa
al pastore Dafni, affascinante e bravissimo a suonare il flauto, che le giurò
fedeltà eterna: ma non tenne fede alla promessa, e si innamorò della figlia di
un re; Echenaide, presa dall’ira, per punizione lo
rese cieco.
Anche presso gli antichi Romani esisteva
il culto delle ninfe; famosa era Egeria, una
Naiade, che fu la moglie di Numa Pompilio,
il secondo re di Roma: alla sua morte fu tramutata in sorgente e venne venerata
come protettrice delle nascite. Lara,
anche lei ninfa di sorgente, commise l’imprudenza di rivelare a Giunone, moglie
di Giove, l’amore che questi provava per Giuturna,
un’altra ninfa: il re degli dei, per punirla della sua lingua troppo lunga, la
fece diventare muta; in seguito Lara ebbe con Mercurio due gemelli, due degli
dei chiamati Lari,
che avevano il compito di proteggere la casa, la famiglia e i campi.
La mitologia greca annovera molte ninfe (dal greco antico νύμφη, "giovane fanciulla"), semidivinità della natura. Vi sono molti miti su di esse, questi le associano spesso ai satiri,
da cui la tendenza sessuale della ninfomania.
Le ninfe erano figlie di Zeus o Urano ed i loro miti sono legati a divinità maggiori come Artemide, Apollo, Poseidone, Demetra, Dioniso o ancora a degli dei minori come Pan o Ermes o Fontus.
Ci sono diversi tipi di ninfe, a seconda dell'ambiente naturale in cui vivono. Si distinguono in particolare:
Vengono rappresentate, come attraenti fanciulle, vergini in età da marito.
Il termine è legato con il verbo latino nubere,
"prendere marito", da cui la nostra "nubile". Sono
benefattrici e rendono fertile
Le ninfe greche sono più tardi state assimilate alle divinità romane delle fontane,sorgenti e fiumi.
Tra le ninfe più celebri, si può nominare Eco, la ninfa del monte Elicona. Era le tolse la possibilità di proferire parola, così Eco non poté più ripetere altro che le ultime parole pronunciate da altri.